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Sfruttare al meglio i quasi cinque miliardi che arriveranno dal piano europeo del Recovery per la Cultura puntando, soprattutto, sulla digitalizzazione e sullo sviluppo delle piattaforme web, per consentire a tutti di fruire dell’immenso patrimonio artistico italiano ma anche una maggiore integrazione tra le risorse messe in campo dalle amministrazioni pubbliche e gli interventi dei privati che possono offrire un valore aggiunto alla ripartenza di un settore che ha risentito fortemente delle difficoltà provocate dalla pandemia.

Un’impostazione che ha visto d’accordo i politici e le personalità del mondo religioso e della cultura che hanno partecipato ad “Agorà della Cultura”, l’evento promosso dall’associazione Amici dei Musei Siciliani con il patrocinio gratuito della Regione Siciliana e dell’Anica, organizzato da View Point Strategy al complesso monumentale di San Domenico di Palermo.

“Il Pnrr è una grande sfida ed è necessario investire nella cultura che in Italia produce il 15 per cento del Pil. Il nostro obiettivo è di garantire una migliore fruibilità e accessibilità per i nostri siti ma anche di destinare una parte di questi investimenti ai teatri, al mondo del cinema e dell’audiovisivo e ai musei, oltre che calibrare gli interventi a favore della Sicilia e degli altri territori”, ha detto Vito D’Adamo, capo della segreteria particolare del Sottosegretario ai Beni Culturali, Lucia Borgonzoni, intervenuto in audio all’inizio del convegno.

Il presidente degli Amici dei Musei Siciliani Bernardo Tortorici, ha raccontato la sua esperienza e di come la cultura è ripartita nonostante l’emergenza sanitaria: “Abbiamo organizzato la seconda edizione di Restart, una manifestazione che ha aperto i siti culturali più importanti di Palermo, dimostrando che si può ricominciare anche se nel 2020 la contrazione generale dei consumi culturali è stata del 50 per cento”.

Un altro tema è stato quello dell’innovazione digitale, ormai indispensabile per consentire a tutti – da casa propria e da ogni parte del mondo – di visitare i musei, i monumenti e di ammirare le opere d’arte più importanti con un semplice click. “Negli ultimi cinque anni abbiamo investito molto in questo settore – ha spiegato Salvatore Turrisi, presidente e amministratore dell’azienda siciliana di telecomunicazioni Sielte – il lockdown ha costretto tanti cittadini ad utilizzare le piattaforme sul web e abbiamo capito si possono fornire servizi, come ad esempio il tour virtuale dei musei o la didattica a distanza utilizzata nelle scuole. La rete ha retto ma adesso bisogna pianificare il futuro addestrando tutti a usare l’online e migliorando le infrastrutture”.

Particolarmente interessante la tavola rotonda “Cultura e Turismo: binomio per rilanciare il Paese”, moderata dal giornalista Pietrangelo Buttafuoco, a cui hanno preso parte l’assessore regionale ai Beni Culturali della Sicilia, Alberto Samonà, Giorgia Latini (Marche), Paola Agabiti (Umbria), Stefano Bruno Galli (Lombardia) e Umberto Croppi, direttore generale di Federculture ed ex assessore alla Cultura del Comune di Roma e il critico d’arte Vittorio Sgarbi con il suo punto di vista controcorrente sulla Sicilia e con l’invito a ricostruire il tempio G di Selinunte: “Avevo proposto un cantiere internazionale per far rinascere il tempio G: purtroppo la Sicilia ha tantissimi tesori ma non riesce a comunicarli, è un gap che si deve superare per competere con altri Paesi che magari hanno meno da offrire ma che riescono sempre a far parlare di loro”.

L’assessore Samonà durante il confronto con i colleghi delle altre regioni ha sostenuto che “cultura e business non sono in contraddizione, a patto che l’offerta culturale parta dall’affermazione della nostra Identità: è giusto investire nelle dinamiche digitali ma spingiamo affinché le visite avvengano in presenza”. Nelle Marche l’assessore Latini ha annunciato “la prossima candidatura all’Unesco per il grande numero di teatri presenti nel nostro territorio” mentre l’assessore Agabiti ha spiegato che “l’offerta culturale dell’Umbria propone grandi eventi, la valorizzazione dei piccoli borghi e dei paesaggi naturalisti”. In Lombardia il 41 per cento degli investimenti “arriva da istituzioni private – ha puntualizzato l’assessore Galli – crediamo molto nelle imprese culturali creative che contano già 365mila operatori”. Per il presidente di Federculture e della Quadriennale d’Arte di Roma “il mondo della cultura ha bisogno di capacità manageriali – ha detto Croppi – e della formazione delle risorse umane, fattori che poi contribuiscono al ritorno economico”.

La giornata è stata aperta dal docente dell’Università Lumsa, Don Gianni Fusco, che ha introdotto i lavori parlando del concetto di bellezza e della sua relazione con le varie religioni mentre la chiusura della prima parte è stata affidata alla lectio magistralis di Giuseppe Savagnone, direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale della cultura di Palermo.

Un Leoluca Orlando davvero “furioso” che risponde all’ultimatum del presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, che ha “invitato i comuni, entro il 31 luglio” e, quindi, gli amministratori “a firmare gli accordi con le quattro società che hanno partecipato al bando per l’invio fuori regione dei rifiuti: pena la loro decadenza”. In parole povere, Musumeci provvederà alla “rimozione” d’ufficio dei sindaci nel caso in cui non si attengano a queste disposizioni.

La notizia, che ha fatto arrabbiare parecchio Orlando, è stata riportata, questa mattina, dall’edizione online di Repubblica Palermo. Di fatto un vero e proprio siluramento politico di Orlando, che rischierebbe seriamente la poltrona di primo cittadino di Palermo.

“In materia di rifiuti, il governo regionale dice nella nota di replica Orlandorischia di essere governato, come sono stati governati i suoi predecessori negli ultimi vent’anni, da una struttura burocratica che ha da un lato favorito interessi speculativi più volte posti all’attenzione dell’Autorità giudiziaria e dall’altro causato gli enormi e gravi disservizi di cui sono stati e sono vittime i cittadini”.

E continua, aggiungendo a sua difesa: “non posso non ricordare che all’indomani dell’insediamento della struttura commissariale ho fornito per quanto riguarda la città di Palermo un dettagliato elenco di interventi e provvedimenti, di esclusiva competenza di quella struttura, che erano allora urgenti e possibili e sono oggi urgentissimi e necessari. La Regione non ha neanche risposto a tale nota, perché sia chiaro a tutti come la struttura commissariale sia fortemente indirizzata a tutelare e garantire gli interessi speculativi dei privati.  Lo conferma il disegno di legge regionale, in cui chiaramente emerge la volontà politica di sopprimere le poche realtà pubbliche esistenti privilegiando l’affidamenti ad un sistema privatistico contaminato e che, sulle spalle dei siciliani, potrà lucrare sempre di più, puntando alle città metropolitane e su Palermo dove l’esistenza di una partecipata interamente a capitale pubblico ha fino ad oggi escluso interessi speculativi dalla gestione dei rifiuti”.

E conclude affermando che “sia l’Anci, sia le diverse amministrazioni comunali stanno ricorrendo contro la folle ordinanza emanata dalla struttura commissariale. Un’ordinanza che oltre ad essere sbagliata nel merito contiene diversi profili di illegittimità nel merito: Basti pensare al fatto che viene chiesto ai Comuni di procedere in soli 15 giorni, in evidente violazione della normativa sugli appalti e quella anticorruzione, alla stipula di contratti per milioni di euro in un quadro del tutto incerto e poco trasparente per quanto riguarda modalità, tempi e costi di smaltimento dei rifiuti. Se proprio si vuole procedere su questa folle strada, che lo faccia la struttura del Commissario, assumendosene tutte le responsabilità.”

Una bella gatta da pelare, quindi, per Orlando che sembra avere, al di là degli aspetti meramente tecnici, un sapore esclusivamente politico. E la conseguenza potrebbe la paralisi, per molti comuni, dell’attività amministrativa. Anche se siamo sicuri che, a breve, potrebbe essere “operata” qualche correzione al provvedimento, magari con una deroga. Una sorta di messaggio subliminale, perchè in politica mai nulla viene fatto a caso. A questo punto non resta che aspettare e vedere cosa succederà nei prossimi giorni.

 

“Eliminare l’effetto ‘trascinamento’ del voto dalle liste al Presidente collegato e introdurre, invece, l’espressione diretta del voto per il candidato presidente, barrandone il nome sulla scheda”.

E’ Claudio Fava, deputato regionale del Movimento #CentoPassi, ad intervenire sull’attuale legge elettorale per l’elezione del Presidente della Regione e dell’Ars, che si è “dimostrata inadeguata e ferma ad un quadro politico che non esiste più”. Inoltre, contiene numerose storture che alterano la volontà popolare e non garantisce, come avviene nei comuni dell’isola, reali possibilità di accesso alle donne nelle istituzioni”. Fava ha, anche, annunciato la presentazione di un disegno di legge che modifica sostanzialmente l’attuale normativa.

La bozza della sua proposta prevede l‘abolizione del cosiddetto listino e l’introduzione di un premio di maggioranza che assegnerebbe 40 seggi alla coalizione che sostiene il Presidente, l’assegnazione dei seggi alle liste tenendo conto dei voti ottenuti in ambito regionale e non più provinciale e la doppia preferenza di genere.

 

Tanto tuonò che piovve e pure Rosario Crocetta è finito nel mirino dell’inchiesta sull’ex presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante.

Non che la notizia stupisca più di tanto. In tanti credevano che il rapporto tra l’ex presidente della Regione e l’imprenditore era – diciamo così – viziato, poco limpido, quanto meno ambiguo. Erano semplici supposizioni senza valore ma su Montante paladino della legalità e Crocetta baluardo dell’antimafia, in molti nutrivano dubbi.

Altri (tanti), però, hanno applaudito, goduto, brindato, gioito per l’annunciata “rivoluzione” di Rosario. Rivoluzione che, ovviamente, non è mai arrivata e che ha fatto rimpiangere i governi di Cuffaro e Lombardo, tanto per intenderci. Gli stessi che, fino a poco tempo fa, erano amici di Crocetta, oggi lo hanno ripudiato dimenticandosi lodi e elogi sperticati elargiti a piene mani dopo il suo insediamento. Poi, piano piano, è calato un silenzio imbarazzato sulle imprese del nostro, fino a parlarne male… solo ora.

Peccato che, anche 5 anni fa, la fama dell’ex sindaco di Gela non fosse proprio quella di uno statista tipo Winston Churchill.  In rete abbiamo trovato il commento del giornalista Pietro Nicastro, uno dei 21 epurati dell’Ufficio Stampa della Regione (come chi scrive) che ha riassunto con eleganza, sobrietà e dignità il pensiero su Crocetta: “Non giudico, non inveisco, non anticipo condanne – ha scritto – che non mi competono: cerco, anzi, di mantenere sempre equilibrio e lucidità anche nelle situazioni più estreme. C’è una riflessione, però, che non riesco proprio ad arginare: io oggi rischio di perdere la casa e di non riuscire a regalare più a mia figlia nemmeno un sorriso per colpa di questa melma, di questo marciume che ha infilato le mani nella mia vita. Io lo sapevo già. Ed oggi che lo sanno tutti non riesco a provare nemmeno un briciolo di consolazione”.

A proposito della caratura del personaggio, i magistrati – un tempo tanto tanto cari all’ex presidente – parlano di un suo video hard e la sua risposta è beffarda, come al solito. “Il video scabroso? Mi dipingono come una porno star, come se fossi Rocco Siffredi. Ma dov’è questo video? La verità è che non esiste, è una bufala come al solito per denigrare la mia omosessualità. È falso come falsa è stata la notizia dell’intercettazione in cui avrei sentito le frasi contro Lucia Borsellino”, ha detto all’Ansa.

A parte il fatto che, alla luce dei nuovi avvenimenti, si dovrebbe riscrivere la storia anche di quella fantomatica telefonata (siamo proprio sicuri che non ci fu?), i pettegolezzi sulla vita privata di Crocetta si sono sempre sprecati. E non certo per la sua omosessualità. Pettegolezzi, appunto, da bar, che giustamente non riportiamo. Questa volta, però, le chiacchiere sembrerebbero un po’ più concrete visto che ne parla nell’avviso di garanzia. Solo una bufala come dice lui? Vedremo. Su una cosa, però, Crocetta ha ragione: l’accostamento a Rocco è in effetti azzardato. Lui con il pornodivo non c’entra nulla. In tutti i sensi.

La grave situazione di povertà in cui versa la nostra isola richiede l’attuazione, anche in Sicilia, del reddito di inclusione“. A chiederlo al presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, è l’Alleanza contro la povertà. Si tratta di un cartello di 18 tra associazioni, enti e organizzazioni sociali, che ha preso forma a marzo, in Sicilia, sul modello nazionale.

Sono, infatti, quasi 26 mila le famiglie siciliane che hanno presentato all’Inps la richiesta di Rei (reddito di inclusione), In pratica 80 mila persone, più o meno, che aspirano a ricevere il sussidio.

Nei giorni scorsi la conferenza unificata Stato-Regioni-Enti locali ha dato via libera al decreto di riparto delle risorse del fondo per il finanziamento di servizi e il piano di interventi contro la povertà. “La quota di competenza della Regione siciliana ammonta a quasi 43 milioni di euro”. A dirlo Rosanna Laplaca, portavoce dell’Alleanza. “Esistono adesso tutte le condizioni per attuare una politica organizzata, costruita su una seria infrastruttura sociale capace di generare strategie di inclusione”.

Una richiesta-denuncia proprio all’indomani dei dati pubblicati da “Save the Children”, secondo cui il 25 per cento dei ragazzi in Sicilia abbandona la scuola per le condizioni di disagio vissute dalle famiglie. “Il piano nazionale – si legge nella lettera inviata al governatore Musumeciapre all’elaborazione dei piani regionali, per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà. Così, diventa importante che anche in Sicilia si avvii una fase di concertazione, per giungere al miglior risultato possibile”.

Da Palazzo d’Orleans – aggiunge Rosanna Laplaca – ci aspettiamo la convocazione per definire assieme, come accaduto a livello nazionale, un memorandum che faccia da piattaforma per tutti i provvedimenti legislativi e amministrativi”.

“I presupposti ci sono – sostengono le diciotto organizzazioni sociali – ma serve uno slancio di volontà politica nel solco della riforma del sistema regionale del welfare”.

Del cartello dell’Alleanza fanno parte: Cgil, Cisl, Uil, Acli, Adiconsum, Arci, Banco alimentare, Caritas, Confcooperative Federsolidarietà, Csvnet, Fondazione Ebbene, Fiopsd, Forum terzo settore, Jesuit social network, Legacoop sociali, Professione in famiglia, Save the children. E, anche, l’Anci Sicilia. 

Un attacco durissimo contro il presidente della Regione Nello Musumeci “al corrente dei fatti e sollecitato dai suoi colleghi di partito, fa orecchio da mercante. Il nostro è un continuo attendere: Attendere le elezioni, attendere che passino, attendere l’audizione in commissione lavoro. Nell’imminenza delle elezioni regionali, diversi candidati, oggi eletti, si sono impegnati sulla ‘vergognosa’ vicenda degli ex lavoratori trimestrali del CAS tagliati fuori dall’ente, per un complesso gioco di tornaconto sindacale e buste paga molto alte. Ad oggi non abbiamo visto più nessuno”.

E’ la denuncia dei rappresentanti sindacali dell‘Orsa, l’organizzazione sindacati autonomi e di base che si batte da anni,  per il reintegro degli ex lavoratori autostradali del Cas (Consorzio Autostrade Siciliane) i “casellanti” tanto per capirci,  “a fronte di un uso illegittimo dello straordinario,- affermano Giuseppe Prestigiacomo, Piero Garozzo e Salvatore Costanzo di Orsa-Sicilia –  di una carenza di personale conclamata, di un monte ferie non godute di oltre 80.000 ore, di un pretestuoso blocco delle assunzioni (che non riguarda l’ente, in quanto questo non è sul bilancio della Regione) e che ha determinato paradossalmente la violazione delle disposizioni regionali sul contenimento delle spese, con un costo per gli straordinari pagati in misura esorbitante. Parliamo ad oltre un milione di euro l’anno”.

E lOrsa mette ancora di più il dito sulla piaga con un atto d’accusa riferendosi proprio alle forze sindacali “che dovrebbero essere il faro, il fronte contro il dilagare aperto del malcostume e del privilegio e che ,invece, sono complici. Lo testimonia fra l’altro, l’atto discriminatorio operato contro il nostro sindacato operato dai sindacati aziendali del CAS, che non hanno voluto sedersi allo stesso tavolo convocato dal Consorzio, su mandato dell’assessore regionale alle Infrastrutture”.

“Siamo ancora in attesa di ‘conoscere’ il nuovo direttore generale Leonardo Santoro sostiene l’Orsa – al quale sin dal suo insediamento avvenuto oltre un mese fa, abbiamo fatto pervenire diverse richieste di incontro per la definizione del bando di assunzione attraverso agenzia interinale. La procedura è già stata avviata dal precedente direttore generale e la somma di quasi 2 milioni di euro è stata deliberata. Quindi che si aspetta ancora? Lo sappiamo per certo che contro la procedura si è determinato il blocco dei sindacati aziendali, ostili all’ingresso di questi lavoratori che per anni, fino al 2010,  hanno consentito la normale gestione dell’ente autostradale”. 

Una vicenda che ha tutte le connotazioni del tipico paradosso siculo, in cui lo “scaricabarile” è diventato uno sport bipartisan e senza colore politico.

 

 

“Musumeci apra le porte del Palazzo. Intende varare una nuova stagione di riforme? Perfetto. Ma inviti al tavolo del confronto le parti sociali. Ascolti le nostre analisi. E le nostre proposte”.

Mimmo Milazzo, segretario della Cisl Sicilia, commenta così l’annuncio fatto in mattinata dal governatore che, presentando la manovra finanziaria approvata dall’Ars, ha parlato di “stagione delle riforme che comincerà tra qualche settimana”. Per l’esponente sindacale, “la Sicilia ha bisogno di uscire dallo stallo di questi anni. Ma non vorremmo che, sul terreno delle riforme da varare, si ripetesse il black-out che in queste settimane ha oscurato il rapporto governo-parti sociali, lasciate fuori da ogni sede di confronto sulle linee del Bilancio e della Finanziaria”.

“Non vorrei essere frainteso”, puntualizza il segretario della Cisl-. “Il presidente della Regione ha sostenuto che ‘ogni volta che parliamo di riforma si scatenano lobby e organizzazioni di categoria. Il nostro sindacato non ha alcun interesse a che tutto rimanga com’è. Lo ricordi, Musumeci. Ed è sui temi che stanno a cuore al mondo del lavoro e che puntano a coniugare crescita e solidarietà sociale, che intende dare il proprio contributo”.

“In Sicilia, – aggiunge ancora Milazzo – a lavorare sono solo un milione 370 mila residenti, appena il 27% della forza lavoro. E nell’ultimo anno ben 25 mila persone, 12 mila delle quali giovani, ha fatto la valigia ed è andata via”.

“Sono cifre insopportabili – conclude Milazzo – a fronte delle quali serve un impegno corale: dal tema dell’occupazione a quelli dei rifiuti, dell’acqua e del dissesto idrogeologico, dello snellimento della burocrazia regionale e locale, del riordino delle ex Province, della progettazione esecutiva e del funzionamento degli uffici tecnici di Regione ed enti locali. Alla Regione chiediamo di superare, lavorando assieme, la palude e lo stato di emergenza permanente che ha ipotecato questi anni”.

Con un post fb, pubblicato sul profilo ufficiale di Nello Musumeci, il leader di “Siciliani Liberi”, Massimo Costa le manda a dire senza giri di parole al presidente delle Regione siciliana, reo secondo lui di essere come Crocetta e come il suo predecessore di “andare a dire a telecamere riunite che in Sicilia un quarto dei dipendenti gode della 104, alimentando il linciaggio politico della nostra isola per nascondere le sue difficoltà”.

Un attacco forte, violento che riguarda un tema, quella della legge 104 che tutela, attraverso permessi, chi deve accudire i propri familiari anziani. Musumeci aveva dichiarato che su 13 mila dipendenti regionali, 2.350 sarebbero quelli che beneficerebbero di questa norma per assistere i propri parenti malati. Anche i sindacati sono stati critici con Musumeci e lo hanno invitato a “non colpevolizzare i dipendenti regionali che usufruiscono di questo strumento previsto dalla legge”.

“Sa benissimo che la Sicilia da anni non assume e l’età media dei dipendenti è altissimascrive ancora Costa su FB -. E’ normale che debbano accudire genitori anziani. Piuttosto cerchi di assumere giovani alla Regione e vedrà che i numeri della 104 torneranno ad essere normali”.

E conclude con parole che pesano come macigni! “Malissimo signor presidente, malissimo. Uguale a Crocetta e ho detto tutto. Ancora una volta i siciliani hanno un presidente nemico dei siciliani stessi”. E adesso non ci resta che aspettare le prossime puntate e le nuove esternazioni.

 

“Sento la necessità di rilanciare un nuovo progetto capace di valorizzare gli uomini liberi e le loro idee”. Parole sibilline scritte sul proprio profilo facebook, dal deputato regionale dell’Udc, Vincenzo Figuccia che ancora una volta utilizza l’arma della provocazione verbale, facendo capire che la sua collocazione nel partito di Cesa è ormai agli sgoccioli. Parla di un nuovo progetto che, derubricato in termini spiccioli, potrebbe far intendere all’adesione ad un nuovo soggetto politico o alla creazione di un movimento.

Ma sarà davvero così o si tratta soltanto di una provocazione? Intanto i commenti al suo post sono una sequela di incoraggiamento al suo percorso politico. Come dire che il consenso è saldo anche se il termometro dei social non è certo il luogo adatto per misurarlo.

 

E il disagio palpabile, che ha portato alle sue dimissioni da assessore ai Rifiuti e l’attacco a tutto tondo contro il suo ex compagno di partito e oggi presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, non sono certamente un dettaglio. Per non parlare dei rapporti poco “idilliaci” con il Presidente della Regione sulla vicenda degli stipendi d’oro (leggasi polemica con Miccichè) dove lo stesso Musumeci aveva di fatto bacchettato Figuccia, facendo riferimento all’intera giunta: “Lavorare e tacere, dico alla mia squadra di assessori”.

Una sequenza di fatti che messi, uno sopra l’altro, hanno visto costruire un edificio a quanto pare “traballante”, nel quale Figuccia sembra non aver trovato la camera con vista. Che l’ascensore sia guasto è anche possibile, ma a noi rimane il dubbio amletico, in una Sicilia che sembra paralizzata dall’inerzia della politica, quale sia il progetto di Figuccia, in una terra dove preferiremmo vedere più fatti che parole.

di Gaetano Càfici. Faide interne, annunci di abbandoni da parte di esponenti del partito berlusconiano in Sicilia, ambizioni ad uno scranno all’Ars, (cinque anni di “ossigeno” poi non sono male per qualche politicante “pensionato”), continue dichiarazioni da Prima Repubblica, danno il senso di come la politica si sia ridotta ad un “parco” di auto usate. Verrebbe da rispolverare il refrain della canzone di Franco Battiato che parlando di un “centro di gravità permanente”, mandava un chiaro messaggio: “guardare il mondo esterno da osservatore senza emettere alcun giudizio”.

Il concetto ovviamente, con il dovuto rispetto per Battiato, non può essere paragonabile al cinico mondo della politica dove ragionamenti accurati e sofismi ricercati non possono essere utilizzati. Si tratterebbe altrimenti di “blasfemie”. In questo campo si gioca per spazi di potere e di sopravvivenza e non per parlare di filosofia applicata. Quella è una materia che appartiene ai grandi pensatori ed io, non me ne vogliano, di questi non ne vedo nel recinto delle candidature a Presidente della Regione. Sia chiaro la regola vale per tutti. Ma ritornando al centro di gravità permanente del centrodestra io lo trasformerei in centro “confusionale” di gravità permanente.

Sì, perchè il vero problema non è quello di fare la quadra o la squadra unita per vincere, come qualche esponente azzurro ripete insistentemente. Qui si vuole perdere, perchè vincere sarebbe una responsabilità. Governare una regione devastata, con un Pil (prodotto interno lordo) bruttissima parola, che fanno crescere o diminuire a loro piacimento come facevano con lo Spread, è un impresa da Supereroi.

Non si tratta di qualunquismo, ma direi piuttosto di tatticismo. Più facile giocare la partita dall’opposizione in una situazione “confusionale permanente”, lasciando ai Grillini il calice amaro da bere. In questo modo si potrebbe giocare su più tavoli, utilizzando il rosso e il nero della roulette politica siciliana. Un modo meno complicato, ma più sicuro per vincere.