Romani Prodi, la vecchia volpe della prima Repubblica, che nella vita ha acchiappato quasi tutto, tranne forse il sogno della sua vita: quello di salire sullo scranno più alto del paese ovvero il Quirinale. Parla a ruota libera in un’intervista rilasciata al Corriere.it, dove per prima cosa chiarisce la sua indisponibilità a fare il Presidente della Repubblica.
Tra nove mesi si vota per il Quirinale, con Sergio Mattarella che sembra non guardare ad un secondo mandato. “Se si parla di indisponibilità, ne ha un’altra, la mia. Non ho l’età, come cantava Gigliola Cinquetti: nel senso però che ne ho troppa, quasi 82 anni. E poi sono stato un uomo di parte, e in fondo lo sono ancora. Credo che su Mattarella influiranno la sua volontà e gli eventi. Personalmente lo sento il mio presidente della Repubblica. Mi rende tranquillo e credo che renda tranquilla l’Italia”.
Un vero e proprio assist a Mattarella, per un bis che però lo stesso presidente della Repubblica ha da sempre escluso. Ma come si dice in politica mai dire mai. Lo stesso Giorgio Napolitano, in “illo tempore”, dichiarò la sua indisponibilità per poi accettare o forse subire la rielezione. E’ anche vero che i tempi erano altri ma oggi, in piena pandemia, certamente per Mattarella sarebbe difficile declinare l’offerta di una seconda chance in nome di un equilibrio che lo stesso Prodi gli riconosce e che all’Italia è indispensabile.
E poi continua lodando il neo segretario del Pd, Enrico Letta. “Tutti conoscono il rapporto di amicizia e fiducia che ho verso Enrico: lo chiamai a Palazzo Chigi come sottosegretario che era un ragazzo. Ebbene, il ragazzo è cresciuto. In Europa si è rafforzato e accreditato. E io, da spettatore più che da protagonista, per quanto angosciato dal debito che cresce, sono fiducioso: al Quirinale, a Palazzo Chigi e nel Pd ci sono le persone che più stimo. Se l’Italia non vince ora non vincerà mai”.
Poi parla di Salvini che definisce “imbertinottato…”. Sì il leader della Lega afferma Prodi “si è messo nella scia di Bertinotti”. E mette in guardia Mario Draghi dalla “sindrome classica delle coalizioni”. Non ha mai dimenticato l’esperienza di Governo del 1996 quando fu Bertinotti a fare cadere il suo governo e che, oggi, potrebbe vedere proprio Salvini nei panni del segretario di Rifondazione comunista.
Aggiunge poi il Professore: “Fai una scelta drastica, come quella di Bertinotti di coalizzarsi con l’Ulivo. Poi cominci a perdere consensi e la cosa ti fa diventare matto. E allora alzi la posta. Ti impunti anche sul niente, ogni giorno di più. Ma attenzione: questo fa perdere voti, non guadagnarli”. E fa cadere i Governi, “ma Draghi ha molte più riserve. È una grande differenza” spiega Prodi, che già agli albori dell’ascesa dell’ex numero uno della Bce avvertiva che gli italiani spesso “attendono un salvatore per poi crocifiggerlo”. In questo caso Salvini “non crocifigge Draghi solo perché non ha il martello. Ma alza la posta. Fa prevalere il suo interesse di parte”.
Come fece con Giuseppe Conte. Quindi a Mario Draghi consiglia di “fare presto. Ma ha più tempo per vedere e mostrare al Paese i risultati positivi della sua azione, anche se tra pochi giorni, poche ore dovrà presentare il suo piano a Bruxelles. Con Conte si percepiva una tensione montante”. La sfida è la crescita con le riforme per una gestione del debito, che ”è un rischio enorme”.
(fonte foto copertina globalist.it)