Non poteva che essere il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, a rimandare al mittente l’inaccettabile “cartolina” con la quale Elon Musk aveva tentato, forse per provocazione o forse per arroganza, di affermare il proprio delirio di onnipotenza alla conte Tacchia: “io sono io e voi non siete un c…o”. Poche parole, quelle di Mattarella, semplici ma forti come quegli schiaffoni che si danno al proprio pargolo che l’ha fatta davvero grossa. Frasi pubblicate, non a caso sul profilo ufficiale del Quirinale del social X di Musk, che fanno la differenza nel totale silenzio di tutto l’arco istituzionale di maggioranza.
“L’Italia è un grande Paese democratico e devo ribadire, con le parole adoperate in altra occasione, il 7 ottobre 2022, che sa badare a se stessa nel rispetto della sua Costituzione. Chiunque, particolarmente se, come annunziato, in procinto di assumere un importante ruolo di governo in un Paese amico e alleato, deve rispettarne la sovranità e non può attribuirsi il compito di impartirle prescrizioni”.
Queste le parole di Mattarella che suonano, in modo inequivocabile, come una netta difesa alla costituzione italiana, all’autonomia del nostro Paese e della nostra magistratura, ma anche all’ingerenza su un paese sovrano. Così come il silenzio che ha tanto irritato Mattarella sia da parte del governo, che dei leader dei partiti di maggioranza e di tutto il centrodestra. In particolare di Giorgia Meloni e Matteo Salvini.
La querelle, di cui ieri abbiamo parlato in questo articolo (clicca qui per leggerlo), è figlia di un atteggiamento al quale Musk ci ha abituati, ovviamente in senso negativo. E poi ancora decisamente incisivo e galvanizzato alla luce della vittoria di Donald Trump, per la quale lo stesso ceo di Tesla si è giocato tutte le carte. Ma la vera anomalia è che, al di là della rappresentazione delle parole di Musk, che poi non incide per fortuna sulla sovranità del nostro paese, così come sulla nostra costituzione, ci si aspettava da parte di tutti un gioco di squadra. Invece, sembra proprio che la tanto paventata sovranità popolare o nazionale, sbandierata da sempre da Meloni & co, sia soltanto uno specchietto per le allodole quando in ballo ci sono i miliardi che Musk vuole investire in Italia. E qui che per fortuna c’è Sergione a ricordarci che siamo il paese culla della cultura, della scienza, del turismo, dell’arte, del così tanto vituperato “made in Italy” e potrei continuare. Un Paese che viene “umiliato” da un miliardario, il quale crede che sia il denaro a poter fare la differenza con l’aggravante di voler decidere se mandare via un magistrato.
Quindi alla fine Sergio Mattarella sempre e, comunque, “uno di noi”. Un italiano che ha atteso 24 ore e con una “leggerezza pesantissima” ha dato una lezione di altissimo spessore istituzionale, che questa classe politica da “circo Barnum”, non riuscirebbe a porre in essere neanche se governasse per 100 anni. E se la vogliamo dire tutta la vera preoccupazione è il dopo Sergione, quando avverrà, ossia il diluvio.