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Guai in vista sul versante “cavallo di battaglia” del M5S: ossia il reddito di cittadinanza. Il ministro all’Economia, Giovanni Tria, ha confermato che, per quest’anno, il provvedimento non potrà essere inserito in bilancio in quanto mancherebbero le necessarie coperture finanziarie. Una bella grana per Di Maio & co che si giocherebbe tutta la partita su una promessa elettorale che, al momento, non potrà essere mantenuta.

Nella manovra economica non verrà inserita, anche, la tanto discussa flat tax, altro punto centrale del contratto di programma sottoscritto da Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Verrà inserita forse solo una tassa per una fascia ristretta di contribuenti. È quanto rivela, oggi, Repubblica, che cita un retroscena su una presunta trattativa riservata avviata dal governo italiano con Bruxelles, per chiedere maggiore flessibilità sui vincoli di bilancio.

Il governo Conte punterebbe ad ottenere dalla commissione europea la possibilità di rimandare di un anno il pareggio di bilancio e ottenere una quota di flessibilità nel rapporto deficit/pil, già per il 2019. Il negoziato tra Italia e Ue sarebbe cominciato a margine del G7 in Canada, lo scorso 8 giugno. Il nodo principale riguarderebbe l’obiettivo del nostro Paese dello 0,9% di rapporto deficit/pil e il miglioramento del deficit strutturale. Il premier e il ministro Tria vorrebbero concordare una spesa supplementare compresa tra lo 0,3 e lo 0,5%, con il deficit che salirebbe all’1,2 o 1,5%. E senza un accordo, nel 2020 l’Italia si troverebbe a dover raggiungere il già difficile obiettivo dello 0,2%.

Intanto Di Maio, proprio oggi su “Avvenire”, il giornale della  conferenza episcopale italiana, getta acqua sul fuoco. “Le coperture ci sono e saranno inserite nella prossima legge di Bilancio. Si tratta di una misura destinata ai cittadini italiani. Abbiamo il dovere di dare risposte a persone che quotidianamente soffrono e fanno i salti mortali per sopravvivere. Punteremo a far funzionare i centri per l’impiego utilizzando, anche, le altre esperienze europee, come ad esempio quella tedesca che ha rivoluzionato i servizi per l’impiego o come il modello applicato in Irlanda. Come ha detto il procuratore generale della Corte dei conti, è un diritto che va riconosciuto. Lo faremo subito”.

Quindi tutto in alto mare e, soprattutto, con posizioni discordanti, in una situazione che sembra da “azzeccagarbugli” e senza una soluzione che possa, dal punto di vista politico, cercare di “oscurare” il peso di Salvini, unico attore protagonista sulla scena mediatica.

 

 

 

Anche l’Istituto demoscopico Ipsos, guidato da Nando Pagnoncelli, non ha dubbi: la Lega continua nella sua “scalata” raccogliendo il 30,1 per cento dei consensi contro il 29,9 del movimento cinquestelle. Già in un nostro articolo avevamo pubblicato i dati elaborati da Swg, che davano il M5S sorpassato dal partito di Salvini Era il 18 giugno e adesso, ad appena 5 giorni di distanza, la forbice si è allargata ancora di più. Il sondaggio è stato commissionato dal Corriere della Sera.

Le ragioni dell’effetto “S”, ossia effetto Salvini, come viene definito dagli analisti, consisterebbero, secondo il loro ragionamento, nell’avere “recepito al meglio il sentire degli italiani ed aver mantenuto, fino adesso, ciò che aveva promesso”. E lo stesso  direttore de La7, Enrico Mentana, in un post su facebook, ha analizzato la strategia di Salvini e il suo modo di approcciarsi con la gente: “Non fate l’errore di sottovalutarlo, da odiatori e ammiratori (e soprattutto i primi). Lui non improvvisa e sa quel vuole. La sua agenda raccoglie a colpo sicuro pulsioni e passioni di una parte corposa dell’opinione pubblica che aspettava solo la figura che avesse forza (o la spregiudicatezza) di rappresentare ciò che a lungo è stato considerato indicibile o politicamente troppo scorretto”.

Quindi secondo Mentana, tutto sapientemente costruito in ogni specifico aspetto. E in effetti è così, come, ad esempio, l’aver saputo, sin dall’inizio, mantenere la “scena” senza mai perdere colpi e, soprattutto, mettendo nell’ombra i cinquestelle che fino adesso sono rimasti sempre in “difesa”, senza mai riuscire a superare la metà del campo e arrivare in area di “rigore”.

E, oggi, più in difficoltà di ieri, dopo la doccia fredda del ministro all’Economia, Giovanni Tria, sul reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia del M5S, che ora rischia di sciogliersi come neve al sole. Il ministro, infatti, avrebbe “innervosito” parecchio Di Maio dicendo che “nel 2018 ci saranno solo provvedimenti a costo zero”. Ovviamente è chiaro che Di Maio e i cinquestelle si giocano tutto su questo provvedimento e un eventuale slittamento o addirittura “congelamento” avrebbe effetti devastanti per i pentastellati.

I retroscenisti, infatti, parlano del pontiere Roberto Fico, come l’uomo che starebbe riannodando i fili con il Pd. Nelle stanze grilline si teme che Salvini, forse immediatamente dopo le europee del 2019, forte magari di una vittoria schiacciante, potrebbe staccare la spina al governo e tentare la strada delle elezioni o fare un governo con il centrodestra con lui premier.

Intanto, il consenso di Salvini, come confermato da questo sondaggio, sembra inattaccabile e i cinquestelle dovranno affrettarsi ad inventarsi qualcosa per non vedere ancora di più eroso il loro consenso che, se dovesse crollare al sud, loro roccaforte di voti, li vedrebbe condannati ad essere subalterni alla Lega. E in quel caso, chissà, il movimento potrebbe implodere, con la conseguente resa dei conti, che vedrebbe Di Maio immolato come agnello sacrificale.

 

E’ un ministro del Lavoro sicuro di sé, quello che davanti alla platea dell’assemblea nazionale della Uil, disegna il progetto di cambiamento del mercato dell’occupazione, sparando a zero contro i centri per l’impiego che definisce “luoghi di umiliazione per i giovani che lasciano i curriculum senza ricevere mai alcuna risposta”.

E poi immancabilmente parla del reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia da sempre del M5S, per il quale ha ottenuto un consenso da podio nel sud Italia.

“Noi siamo stati mandati in parlamento – dice Di Maiocome forza politica per realizzare il reddito di cittadinanza e, questo strumento crea tante giuste obiezioni perchè non lo conosciamo. L’obiettivo non è dare soldi a qualcuno per starsene sul divano ma è dire con franchezza: hai perso il lavoro, il tuo settore è finito o si è trasformato, ora ti è richiesto un percorso per riqualificarti e essere reinserito in nuovi settori. Ma mentre ti formi e lo Stato investe su di te, ti do un reddito e in cambio dai al tuo sindaco ogni settimana, 8 ore lavorative gratuite di pubblica utilità”. 

E lui stesso pone la domanda: “voi direte, ma dove prenderete tutti questi soldi? Intanto dobbiamo sbloccare i fondi europei destinati agli enti locali e se riusciremo anche a sbloccare i milioni di euro allocati negli enti territoriali che non si muovono, potremo rimettere in moto l’economia. E questo lo deve fare il ministero del sud che abbiamo istituito”.

Quindi, l’arcano degli arcani, il dubbio dei dubbi rimane e pare senza alcuna soluzione immediata. In parole povere al momento di soldi non vi è traccia come si intuisce dalle parole Di Maio, che rimanda tutto alla responsabilità di questo “fantomatico” ministero del sud, che dovrebbe essere il grande volano per far muovere l’economia e che al momento dà solo segnali da “arresto cardiaco“.

Mi ricorda molto la  Cassa per il Mezzogiorno,  un ente pubblico creato dal Governo De Gasperi , per finanziare iniziative industriali destinate ad incentivare lo sviluppo economico del meridione d’Italia e colmare il divario con l’Italia settentrionale. Ma erano gli anni ’60, quelli del boom economico. Oggi è tutta un’altra storia. In un’Italia dove molti comuni rischiano il default finanziario e di risorse “allocate” , come dice Di Maio, neanche la lanterna di “Diogene” riuscirebbe a trovarne.

 

 

La Lega sorpassa il M5S in un sondaggio di Swg per il tg di La7, anticipato su Facebook dal direttore, Enrico Mentana.

Il partito di Salvini si attesta al 29,2% mentre Movimento cinquestelle è al 29%. Rispetto alla rilevazione dello scorso 11 giugno, i pentastellati perdono il 2,5% mentre la Lega cresce del 2,2%. Il Pd si posiziona al 18,8% in aumento di 4 decimali. Anche Forza Italia sale dello 0,6% e vale il 9,2%, mentre Fratelli d’Italia risale al 4,1% dal 3,9%.

La rincorsa di Salvini, come riporta il Fatto quotidiano, è iniziata la notte del 4 marzo scorso, con il Movimento 5 stelle (primo partito) e la Lega a fare da traino nella coalizione di centrodestra (prima forza politica). Ora, dopo oltre tre mesi di trattative per la nascita del governo l’impresa è compiuta. Secondo il sondaggio di Swg, infatti, il Carroccio è passato dal 17,4 per cento dei voti a più del 29, quasi un raddoppio. Segno che la gestione dell’emergenza migranti adottata dal neo ministro dell’Interno, a partire dal caso Aquarius e dalla chiusura dei porti alle Ong, ha incontrato il favore degli elettori. Complice l’esposizione mediatica, sia sui social network che nelle trasmissioni televisive, che ha permesso di dettare l’agenda.

Una linea dura, quella decisa da Salvini, rafforzata nelle ultime ore con la proposta di effettuare un censimento dei rom. Ma a pesare sul sorpasso del Carroccio, ai danni del Movimento 5 stelle, potrebbe essere anche l’inchiesta sul nuovo Stadio della Roma, che ha coinvolto, fra gli altri, il super-consulente dei 5 stelle nella Capitale Luca Lanzalone. E Salvini ha beneficiato anche della lunga fase di trattative precedente alla nascita del governo con l’impresa di stringere un accordo con Di Maio senza spaccare la coalizione di centrodestra. E a strappare per sé una doppia poltrona, quella di vicepremier e di capo del Viminale, che gli permette di mantenere il controllo sull’esecutivo senza però trascurare i temi cari al suo elettorato.

E adesso chissà se Salvini, forte del consenso della Lega, non vorrà capitalizzare e tentare lo strappo con Di Maio. Certo tutto questo non a breve termine, ma diciamo subito dopo le elezioni europee che si terranno il prossimo anno.

 

“Houston abbiamo un problema”, la celebre frase, inviata dallo spazio nell’aprile del 1970, dall’equipaggio dell’Apollo 13 in avaria, per un guasto ai motori, oggi è di casa nel quartier generale dei cinquestelle. La debacle del voto elettorale alle amministrative è il primo campanellino d’allarme per Di Maio, che teme di essere risucchiato dal vortice che Salvini, abilmente, è riuscito creare. Uno tsunami che rischia di travolgere tutto il movimento e con Di Battista pronto a togliersi qualche sassolino dalla scarpa e rientrare in partita, silurando l’ex “steward” del San Paolo.

Ma la vera preoccupazione dei grillini è che Salvini abbia già apparecchiato la tavola e il posto a sedere da premier sia già occupato: ovviamente da lui. Una strategia, quella del leader leghista,  avvalorata dall’uso quasi maniacale dei social. Un palcoscenico dove la scena è tutta sua. La vicenda legata alla chiusura dei porti alla nave Aquarius è la “tempesta perfetta”. E Giggino ne è consapevole, cosciente che su questo piano potrebbe giocarsi ruolo e carriera politica.

“Si deve intervenire subito, è il refrain che ripete instancabilmente ai suoi fedelissimi. E su Salvini, che sta capitalizzando quanto detto in campagna elettorale, sul fenomeno dell’immigrazione, adesso spunta un’altra indiscrezione rivelata da Repubblica: il segretario della Lega starebbe lavorando per ottenere la delega alle Telecomunicazioni che, sul versante Berlusconi, potrebbe essere una mossa ad hoc per tenere serrato l’ex Cavaliere.

E in tutto questo l’obiettivo finale sarebbe quello di staccare la spina al governo, al primo ostacolo, per presentarsi con il centrodestra unito, vincere le elezioni e mandare in esilio i pentastellati. Stracciando il contratto di governo e mandando anche in soffitta il tanto caro progetto del “reddito di cittadinanza” senza il quale ai grillini mancherebbe la benzina per muovere il consenso elettorale, che gli ha permesso di sfondare al sud.

E’ un Matteo Renzi a tutto campo che, in questi giorni, si trova all’estero, Cina e Usa, dove sta tenendo alcuni discorsi. Domani sarà in aula al Senato, per dare il suo voto contrario al governo giallo-verde di Lega e Cinquestelle.  Ed ha anche annunciato una nuova Leopolda per ottobre e la pubblicazione di un libro.

“Lega e grillini hanno promesso un libro dei sogni da 100 miliardi: il reddito di cittadinanza ne vale 20, la Flat tax 60, quota 100 vale 16, le clausole Iva 12. E noi dovremo essere i primi a farci sentire quando gli italiani capiranno che le risorse per realizzare i sogni non ci sono, e finirà la luna di miele”. E’ quanto scrive oggi il Corriere.it.

Difficile un suo intervento diretto in auka, ma sarebbe l’ultimo strappo alla “regola del silenzio”, mentre la dichiarazione di voto sarà fatta dal capogruppo dem Andrea Marcucci. E continua affermando che “sul Pd la palla è in mano a Maurizio Martina: non mi interessa fare alcuna corrente. Io sono intervenuto solo per bloccare l’operazione di accordo con il M5S”, proprio perchè si tratta di una cosa giusta”.

Renzi sta lavorando: “Ma adesso tocca a loro”. Come gli hanno detto anche le persone a lui più vicine, analizzando i motivi del doppio crollo referendum-elezioni: “Bisogna riprendere il contatto con la realtà delle cose, con i problemi della gente fuori”. E’ anche per questo che il senatore fiorentino ha inviato una email a tutti i cittadini e le imprese del suo collegio, che nelle prossime settimane andrà ad incontrare.

Quindi, un breve allontanamento dalle scene politiche per ritornare sul “palcoscenico” e cercare una exit strategy dal limbo in cui si trova il partito democratico, ormai ridotto quasi a numeri da prefisso telefonico. Basta ricordare il 40 per cento preso alle europee del 2014, che Renzi è stato capace di dilapidare, mandando in frantumi, se non al suicidio elettorale, il partito. Una condizione che di fatto ha aperto la strada all’ascesa inarrestabile della Lega e  al trionfo al sud dei pentastellati.

Adesso l’unica via per Renzi è quella di fare uscire fuori, anche mediaticamente, le contraddizioni politiche tra i due partiti vincitori del giro elettorale di marzo, convinto che le promesse, fatte da Lega e M5S, non potranno essere mantenute. Ma tutto questo da solo basterà per indebolire il consenso e invertire lo tsunami provocato da Salvini e Di Maio? La prova sarà quella dell’aula, ma soprattutto delle leggi che, non dimentichiamo, sono e saranno sempre soggette al “controllo” di Mattarella.

 

“Di Maio riapre? Non siamo al mercato, al voto anche subito, il prima possibile, ma non a fine luglio”. Così Matteo Salvini, leader della Lega, mette un pietra che potremmo definire “tombale” su una possibile riapertura dei giochi di un governo M5S-Lega che, nelle ultime ore, Luigi Di Maio ha caldeggiato.

La strategia di Salvini è chiara dato che i sondaggi danno la Lega addirittura al 27 per cento, quasi ad un passo dai cinquestelle. Quindi sembrerebbe che l’effetto Savona abbia pagato in qualche modo, anche se di numeri virtuali si parla. 

“Noi abbiamo provato a fare un governo, ma a Mattarella non va mai bene” – dice Salvini  parlando con i commercianti al mercato di Pisa, come riportato oggi da La Stampa.it -. “Non può dire no a quel ministro (riferendosi ovviamente a Savona) perché è critico con l’Europa. Allora che cosa andiamo a fare? Allora ti arrendi. Il presidente ci spieghi come si esce dall’impasse”.

“Anche io voglio un governo votato dal popolo, siamo alleati con chi sostiene il nostro programma”. E conclude annunciando che la “Lega domenica sarà in tutte le piazze italiane per chiedere l’elezione diretta del presidente della Repubblica, tanto fa quello che vuole lo stesso e allora tanto vale che lo eleggano i cittadini”.

Invece dalle parti del Quirinale, Carlo Cottarelli, il premier incaricato si è recato, questa mattina, da Mattarella, ma sembra che tutto sia in una fase di stallo. Nessuna dichiarazione e con il sospetto che un’eventuale formazione di governo sia una “mission impossible”. Così come un improbabile governo Lega e M5s che, rispetto alle dichiarazioni di Salvini (vedi sopra), sia ormai morto e sepolto. Anche se sembrerebbe emergere la “possibilità di un governo politico”, come lo stesso Cottarelli ha fatto trapelare, sul quale ovviamente in molti non scommettono.

La nostra impressione, che nelle prossime ore potrebbe essere certezza, è che le elezioni sarebbero l’unica via di uscita dal limbo. E non è escluso che Salvini possa trovare un accordo con Berlusconi, riuscendo così a mettere a tappeto tutti e diventare leader indiscusso del centrodestra. Ai grillini non resterà che fare il “processo” a Di Maio e sostituirlo con Di Battista che ha, anche, annunciato di volersi ricandidare.

 

 

 

Immagini, ma senza audio, di un video di quasi 2 minuti diffuso dal M5S e pubblicato dal sito dell‘agenzia Ansa, mostrano il vertice alla Camera tra Salvini e Di Maio. Siamo nella sala Siani di Montecitorio, che ha ospitato i lavori sul programma di questi 7 giorni. Come si vede dalla foto, Di Maio in camicia ma con la cravatta, al suo fianco il capo della comunicazione pentastellata, Rocco Casalino, e il braccio destro del leader, Vincenzo Spadafora. Dall’altro lato, sempre in camicia ma senza cravatta, Salvini e il suo vice Giancarlo Giorgetti, gli occhiali appoggiati tra le copie del contratto (quello datato ’16 marzo ore 19′) sparse sul tavolo.

Dovrebbe essere l’ultimo incontro tra ‘il Signor Luigi Di Maio’ e ‘il Signor Matteo Salvini’, come vengono definiti, nella prima pagina del ‘Contratto per il governo del cambiamento’. E poi, forse, la firma.

Tutto, comunque, sembra ancora in alto mare, anche se fonti dei cinquestelle parlano di “chiusura” degli accordi, mentre la Lega smentisce categoricamente la dichiarazione del M5S. Il testo, formato da 39 pagine, ha ancora dei buchi neri. Sono 10 i punti sui quali non c’è accordo. Tra cui il nome del presidente del Consiglio e della squadra di governo. Quindi per adesso niente firma e, soprattutto, niente governo. E la pazienza di Mattarella è messa a dura prova.

(foto Ansa)

 

 

Un messaggio ad effetto che, il comico Beppe Grillo, inventore insieme a Casaleggio del M5S, sa fare bene, tra sberleffo e offesa finale. Dal suo blog è diventata virale la ricetta, chiamata a 5 stelle, che ha proposto in un video, aprendo una scatoletta di tonno e descrivendo le varie fase di preparazione del piatto: “tonno con schiacciatina”.

E’ fin troppo chiaro il punto di approdo di Grillo, cioè quello di difendere il movimento cinquestelle dagli ultimi attacchi: dall’Unione europea che teme un governo populista e contro l’euro, al il Financial Times che ha parlato dell’asse Salvini- Di Maio come dei moderni barbari. 

Quindi  il riferimento alla scatoletta di tonno non è fatta a caso. Se vi ricordate furono proprio i grillini a dichiarare che avrebbero aperto il Parlamento, appena eletti, proprio come una scatoletta di tonno. E ancora più esplicito quando alla fine della ricetta dice: “Ci avete rotto il cazzo”. Nomi non ne fa, ma quello che si può intendere è il palpabile nervosismo per l’ipotetico governo tra Salvini e Di Maio che stenta a prendere il volo.