I soldi non hanno odore come recitava una famosa citazione latina: “pecunia non olet”. E il potere ne segue sempre la stessa sorte: quando ne senti il vento non ne puoi fare più a meno.

Una brezza che i cinquestelle prima disprezzavano in ogni forma. Erano i giorni dei vaffa, delle dichiarazioni forti. Un movimento che professava, senza se e senza ma, di essere orgogliosamente diverso: fuori dal sistema e contro il sistema. Ma quando sei dentro la politica, nei palazzi e nei meccanismi che governano quel pianeta la catarsi è ad un passo.

Ed è proprio in quel momento che diventi “democristiano”, rievocando quel lessico da politici in doppio petto di un tempo, ed entrando in quella casta che avevi sempre rinnegato.

“Salvini è uno che quando dice una cosa poi la mantiene e questa è una cosa rara”. Non sono parole pronunciate da Berlusconi, che già potrebbero far discutere all’indomani dello scacco leghista in salsa berniniana. Ma da Beppe Grillo che, davanti alle telecamere della Rai, ha lanciato oggi un chiaro messaggio al capo della Lega.

E continuando nel suo istrionismo, da deformazione professionale, parla di Roberto Fico “come persona straordinaria” e di Luigi Di Maio, come uno “statista”. Preludio di un accordo politico per il governo del paese già ratificato con Salvini e con il benestare di Casaleggio? Chissà!

Dimenticavo Mattarella! Al Presidente magari farebbe comodo aver levate le castagne dal fuoco, accelerando il processo per la formazione del governo. Ma ciò che sarebbe interessante è ascoltare i militanti grillini e quelli leghisti per capire se questo “matrimonio s’ha da fare”. Tanto per sapere se dobbiamo morire “democristiani” o ritornare a sentire i vaffa che tanto ci piacevano e, forse, anche quelli per cui Grillo & co sono imbattibili.

 

 

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