“C’è un luogo in questo Paese dove si è costruito uno spazio possibile, si chiama Palermo. Nel capoluogo siciliano Movimento Cinque Stelle e Centro Destra (alleati in consiglio comunale!) sono entrambi all’opposizione di una esperienza politica e amministrativa che, malgrado una temporanea fase di appannamento, continua a rappresentare un punto di resistenza e una possibile opzione per la costruzione di un’alternativa di società”.
Inizia così un lungo post che Giusto Catania, capogruppo in consiglio comunale di Sinistracomune ha scritto sul suo blog. Una sequenza di parole che partendo dalla vicenda legata all’accordo Lega-M5s per la formazione del governo, si incastra con quella che lui stesso definisce: “esperienza Palermo come luogo di resistenza”.
E continua affermando che “Palermo senza ambiguità, non concederà al governo nazionale lo spazio urbano per la costruzione dell’hotspot e che continuerà a mantenere pubblici tutti i servizi locali, malgrado le forti pressioni politiche ed economiche. C’è evidentemente un’ulteriore responsabilità collettiva – chiosa il post – che abbiamo a Palermo: la periferia di un Paese a tinte fosche può diventare il centro di una nuova esperienza politica nazionale. Una responsabilità ascritta, oggi ancora di più, al sindaco e alla sua articolata maggioranza”.
Sinceramente consiglierei al “compagno” Catania, prima di avventurarsi in voli pindarici di guardare com’è ridotta la città, cercando di non replicare non il solito refrain dell’eredità precedente. Pratica che anche il centrodestra era solito fare. Dopo il 61 a 0, quando conquistarono la città, era una litania continua e non serviva a nulla.
Ciò che serve, invece, è essere realisti riconoscendo che la fase di “appannamento” che lui stesso ha avuto il coraggio intellettuale di ammettere non diventi buio pesto. E questo da ex palermitano non posso accettarlo (intendo il buio pesto).