La nostra è diversa ed è a forma di cuore. Non mollare Eleonora!
di Gaetano Càfici. É sicuramente l’argomento che, in modo sopito, ma anche a tratti forti, viene dibattuto da qualche tempo nel nostro Paese. Euro sì? o euro no? Un dilemma quasi da opera shakespeariana, che forse per pudore o anche per ignoranza, nel senso più nobile della parola (colui che ignora), non siamo ancora riusciti a dirimere!
Per non parlare poi dei sondaggi sulla tanto astrusa materia. Recentemente ne sono stati commissionati diversi e hanno dato una visione assolutamente discordante, in un’Italia in cui le sole certezze sono quelle delle bollette da pagare, delle rate insolute del mutuo, e soprattutto del come arrivare alla fine del mese.
In questo confuso ginepraio di un’Europa che di unito ha soltanto il dato geografico, la grande battaglia per un’ipotetica uscita dalla moneta unica, parte proprio dalla Sicilia e dalla mia Palermo. Una vera “rivoluzione”, che metterebbe invidia pure al prode Eroe dei due Mondi: Giuseppe Garibaldi.
A guidarla una donna palermitana determinata, Francesca Donato, di professione avvocato che, insieme ad altri “combattenti”, ha deciso di cavalcare questa battaglia. Lei presidente e fondatrice del movimento “€urexit”, progetto che ha come obiettivo l’uscita dell’Italia dall’eurozona.
“L’uscita dall’euro è l’unico modo per consentire all’Italia di riacquisire la propria sovranità monetaria – dice Francesca Donato -. Il potere di mettere la propria moneta e di conseguenza la possibilità di decidere autonomamente le politiche economiche da seguire, per creare occupazione e ridare competitività alle nostre imprese. Il nostro movimento nasce a Palermo dall’incontro di diversi imprenditori e liberi professionisti che, insieme, hanno deciso di costituire un’associazione, per far conoscere all’opinione pubblica i temi economici che riguardano le ragioni della pesantissima crisi in cui ci troviamo e le possibili soluzioni”.
Tutto, ovviamente, diciamo noi, con il beneficio di “inventario”. Ma per chi volesse saperne di più, può visitare il sito dell’associazione all’indirizzo web: www.progettoeurexit.it, con la possibilità, anche, di iscriversi gratuitamente. Magari non sarete come i “Mille”, ma potrete farvi un’idea con l’opportunità forse di una scelta meditata: euro sì ? o euro no ?
Di questa strana sindrome, che pervade la nostra società e di cui non riusciamo a trovare l’albero genealogico, siamo costantemente colpiti come lo si fa con i birilli che stanno là, statici, a subire colpo dopo colpo.
Brutta parola l’indifferenza, ma ancor più brutta l’immagine di quel “lager”che, a Lampedusa, dovrebbe essere un luogo di accoglienza e, invece, diviene girone infernale. Le parole del Papa come gocce instillate a chi ha perduto di vista il senso delle cose. Nulla sarà come prima in quel luogo di martirio, dove i trafficanti di uomini non vengono “fermati” e dove la politica fa solo passerella per evidenti “ragion di stato”.
E talmente dimenticate, come quelle bocche cucite con ago filo da quegli uomini disperati che con quel gesto hanno voluto lanciare l’urlo silenzioso e estremo all’indifferenza dei governanti del mondo, spettatori privilegiati, ma incapaci di ascoltare le parole dell’ultimo grande uomo della terra.
di Gaetano Càfici. Se geograficamente la Sicilia fosse collocata in un’area diversa, potremmo tranquillamente immaginare che sia preda e vittima di una cerimonia da macumba o da rito voodoo. Una sorte di maledizione che da fin troppi anni la colpisce. Un virus di cui sembra non esserci antidoto. Prima Cuffaro, poi Lombardo e adesso anche l’uomo della rivoluzione, alias Crocetta “El Che”.
Si tratta certamente di “malattie” che si manifestano con sintomi assolutamente diversi tra loro, ma pur sempre devastanti e con un decorso da triste epilogo: la “morte politica” dei presidenti della Regione che, negli ultimi 15 anni, l’hanno governata. Diagnosi e cura sono in fase di studio nell’Area 51 (quella degli alieni tanto per intenderci). Però, come all’improvviso, il mago merlino, l’uomo della cabala nostrana, l’Aiazzone della politica siciliana ci sorprende con una dichiarazione che rimarrà negli annali e nella storia: “sarò costretto a pubblicare una Finanziaria che non mi appartiene, che ripudio, che canta il de profundis al posto di lavoro di migliaia di lavoratori, che uccide la diversabilità e impedisce ai non vedenti di studiare, che butta sul lastrico migliaia di famiglie e impone alla Sicilia una manovra depressiva senza precedenti, che potrà influire sulla tenuta sociale della Regione, che affossa le imprese e influirà negativamente sul rating nazionale e regionale”. Lui che fino adesso non ha fatto altro che applicare la “scienza dei numeri”: tagliare, quindi licenziare, per risparmiare. Diciamo un “precursore” dei tempi!
E poi l’atto finale da vera e propria commedia dell’arte: “faccio appello al Capo dello Stato, affinché intervenga in questa situazione terribile, perché si possa trovare una soluzione rapida che permetta alla Sicilia di rilanciare le politiche di sviluppo, di crescita e di solidarietà. Per me il giorno di pubblicazione della finanziaria è un giorno di grande tristezza, che trascorrerò pregando per la Sicilia e per il popolo siciliano, perchè non debba più subire violenze cieche e irrazionali. Sono pronto al confronto istituzionale, ma con fermezza, sapendo che in ballo non ci sono i giochetti della politica politicante, ma gli interessi di un intero popolo che ha già subito tante violenze e che oggi viene massacrato”.
Come dire, io in fondo non ho colpa di ciò che sta accadendo, perché attenzione: trattasi di malattia seria e, forse, anche incurabile. Presidente, però almeno ci risparmi la preghiera. Quella la lasci agli abiti talari, così come le solite lacrime di coccodrillo. Quest’ultime, le consiglio di tenerle per l’atto finale.

Io mi ricordo delle mie tante liti con i compagni di scuola per un “soffio” sbagliato delle figurine Panini. Che tempi. Si finiva sempre in abbracci indimenticabili. Avrei voluto portare per un attimo, in un’ideale macchina del tempo, i due ragazzi palermitani. E chissà, forse, questa triste storia sarebbe andata diversamente.