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L’effetto traino della Lega che, negli ultimi sondaggi ha abbondantemente superato il M5S, si parla del 30,1 del partito di Salvini contro il 29,9 dei grillini (fonte Ipsos), sembra incidere anche sulla compagine di centrodestra. Secondo l’ultima rilevazione dell’Istituto Swg se  si votasse, oggi, il cdx avrebbe la maggioranza assoluta dei seggi sia alla Camera che al Senato, superando ampiamente la soglia del 40 per cento.

Il sondaggio, infatti, parla di una coalizione formata da Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia che addirittura arriverebbe al 42,4 per cento, ottenendo 334 seggi per Montencitorio e 162 per Palazzo Madama, di cui 18 per la Camera e 2 seggi per il Senato in più della maggioranza assoluta. Un dato che consentirebbe, in teoria, di governare agevolmente senza dover ricorrere al solito assist trasversale o all’aiuto dei cosiddetti “responsabili”.

E questo è avvalorato, anche, dal fatto che all’appello mancano i 12 seggi della Camera e i 6 del Senato, che vengono assegnati nelle circoscrizioni estere e che, in parte, potrebbero andare al centrodestra. Quindi la forbice della maggioranza per il cdx potrebbe essere ancora più ampia.

E a questo punto chissà se Salvini, forte dei numeri, seppur virtuali, non vorrà capitalizzare e tentare lo strappo con Di Maio. Certo tutto questo non a breve termine, ma diciamo subito dopo le elezioni europee che si terranno il prossimo anno.

 

“A quando la richiesta di schedatura dei portatori di handicap? A quando quella degli omosessuali? A quando quella degli ebrei e dei musulmani? A quando quella degli iscritti ai sindacati o a partiti diversi dalla Lega e dai Cinquestelle?”. E’ l’ultima provocazione del sindaco di Palermo Leoluca Orlando, che attacca nuovamente il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che avrebbe deciso di avviare un censimento su i Rom, anche se la notizia sarebbe stata poi smentita.

“A Palermo – continua il primo cittadino – non sarà fatto alcun censimento né alcuna schedatura della popolazione Rom che risiede nel capoluogo siciliano, né quella di qualsiasi altro gruppo di cittadini”. E afferma: “che non vi è alcun presupposto giuridico perché si possa procedere in tal senso, ma anzi, a partire dalla Costituzione fino a qualsiasi normativa nazionale ed internazionale, sono vietati atti che in qualsiasi modo possano portare a discriminazioni su base etnica, religiosa, linguistica e culturale.”

“Al di là dell’assenza di presupposti giuridici dice, infine, Orlando credo però che vada sottolineato l’aspetto prettamente culturale e politico di quanto avviene in queste ore in Italia, con un ministro dell’Interno che straparla di ‘Asse italo-tedesco’ e si lancia in pronunciamenti che evocano le leggi razziali“.

La Lega sorpassa il M5S in un sondaggio di Swg per il tg di La7, anticipato su Facebook dal direttore, Enrico Mentana.

Il partito di Salvini si attesta al 29,2% mentre Movimento cinquestelle è al 29%. Rispetto alla rilevazione dello scorso 11 giugno, i pentastellati perdono il 2,5% mentre la Lega cresce del 2,2%. Il Pd si posiziona al 18,8% in aumento di 4 decimali. Anche Forza Italia sale dello 0,6% e vale il 9,2%, mentre Fratelli d’Italia risale al 4,1% dal 3,9%.

La rincorsa di Salvini, come riporta il Fatto quotidiano, è iniziata la notte del 4 marzo scorso, con il Movimento 5 stelle (primo partito) e la Lega a fare da traino nella coalizione di centrodestra (prima forza politica). Ora, dopo oltre tre mesi di trattative per la nascita del governo l’impresa è compiuta. Secondo il sondaggio di Swg, infatti, il Carroccio è passato dal 17,4 per cento dei voti a più del 29, quasi un raddoppio. Segno che la gestione dell’emergenza migranti adottata dal neo ministro dell’Interno, a partire dal caso Aquarius e dalla chiusura dei porti alle Ong, ha incontrato il favore degli elettori. Complice l’esposizione mediatica, sia sui social network che nelle trasmissioni televisive, che ha permesso di dettare l’agenda.

Una linea dura, quella decisa da Salvini, rafforzata nelle ultime ore con la proposta di effettuare un censimento dei rom. Ma a pesare sul sorpasso del Carroccio, ai danni del Movimento 5 stelle, potrebbe essere anche l’inchiesta sul nuovo Stadio della Roma, che ha coinvolto, fra gli altri, il super-consulente dei 5 stelle nella Capitale Luca Lanzalone. E Salvini ha beneficiato anche della lunga fase di trattative precedente alla nascita del governo con l’impresa di stringere un accordo con Di Maio senza spaccare la coalizione di centrodestra. E a strappare per sé una doppia poltrona, quella di vicepremier e di capo del Viminale, che gli permette di mantenere il controllo sull’esecutivo senza però trascurare i temi cari al suo elettorato.

E adesso chissà se Salvini, forte del consenso della Lega, non vorrà capitalizzare e tentare lo strappo con Di Maio. Certo tutto questo non a breve termine, ma diciamo subito dopo le elezioni europee che si terranno il prossimo anno.

 

La politica dei porti chiusi convince il 59 per cento degli italiani, che si dice favorevole al provvedimento. E’ questo il dato che emerge dal sondaggio realizzato dall’Istituto Ipsos di Nando Pagnoncelli e pubblicato, oggi, sull’edizione online del Corsera.

“La polemica sui migranti desta grande interesse presso gli italiani, a conferma del fatto che sia un tema nevralgico” – scrive Pagnoncelli. “Il 63 per cento, infatti, dichiara di seguire la vicenda, mentre il 30 per cento ne ha almeno sentito parlare, anche in questo caso con un’attenzione trasversale ai diversi elettorati”.

Ma il dato che salta agli occhi è che il provvedimento del ministro Salvini, come abbiamo detto inizialmente, è condiviso da una netta maggioranza: il 59 per cento ne apprezza la scelta e il 24 per cento, invece, ritiene che non si possa rifiutare lo sbarco dei migranti. Il 17% non si esprime. Le opinioni sono certo piuttosto delineate, chiarisce il sondaggio, con un centrodestra sostanzialmente granitico, ma anche nei pentastellati c’è un giudizio favorevole, con scarsissime sbavature, il che evidenzia che le perplessità per ora sono contenute.

Solo gli elettori del Partito democratico e delle altre liste (dove sono prevalenti gli elettori di sinistra) si schierano per la posizione di accoglienza. Ma anche in questo caso con un’importante presenza di posizioni vicine a Salvini, che si attestato intorno ad un 30% in entrambi i casi.

Ancora più netta l’adesione rispetto al confronto con l’Europa. La scelta di Salvini di fare la voce grossa  è condivisa da oltre due terzi degli intervistati. Il consenso si avvicina al 90% tra gli elettori delle due forze di governo e fra quelli di Forza Italia, ma divide equamente gli elettori delle altre liste.

Solo gli elettori del Pd si schierano contro questa scelta poiché il rischio è l’isolamento e l’indebolimento dell’Italia. Ma anche qui più di un quarto condivide la scelta del ministro dell’Interno. È evidente, da questi dati, che ha funzionato quello che qualche commentatore ha definito un sussulto di orgoglio nazionale di fronte a parole obiettivamente insultanti usate dai francesi.

In sostanza, la prima uscita “forte” del nuovo governo, su un tema così sensibile, si rivela un successo interno importante. La Lega capitalizzerà sicuramente con una crescita dei consensi nei prossimi giorni. La partita è però non priva di rischi, di cui almeno due sono evidenti. L’apertura del dibattito in Europa probabilmente non creerà un fronte solido: gli interessi del gruppo di Visegrad non prevedono un accoglimento dei migranti sulla base delle quote. Quando i problemi verranno al pettine è probabile che l’Italia fatichi a riscuotere lo stesso successo attuale.

L’altro rischio è sul fronte interno: la “marginalizzazione” dei cinquestelle che deve essere recuperata, pur in un rapporto ormai paritario tra due forze di cui una ha avuto i maggiori consensi. In caso contrario non è improbabile che si manifesti una difficoltà di tenuta della compagine governativa. E quindi la trappola di Salvini che ha già “apparecchiato la tavola” (ne avevamo parlato proprio sulle nostre pagine), con annesso posto a sedere da premier, cioè il suo, è dietro l’angolo. Adesso non resta che aspettare gli eventi.

 

E’ un’affermazione che creerà un vespaio di polemiche, quella di Carlo Nordio, ex Procuratore Aggiunto di Venezia e titolare dell’inchiesta sul Mose, ma anche protagonista della stagione di “Mani pulite” con la celebre inchiesta sulle cooperative rosse. Il magistrato ha scritto di suo pugno un articolo sul Messaggero, oggi ripreso dal sito online Affari italiani, dal titolo: “La lezione che nessuno può dare al nostro Paese”. Il chiaro riferimento è alla polemica sul caso della nave Aquarius e sulle dure posizioni contro l’Italia del presidente francese Macron.

Ma che cosa dice Nordio? “Il diritto internazionale, come tutto il diritto, non è una scienza esatta, e su ogni questione esistono opinioni diverse, e addirittura opposte”, scrive l’ex pm di Venezia“L’ultimo esempio lo abbiamo avuto poche settimane fa, quando illustri costituzionalisti, anche appartenenti alla stessa area culturale, si sono divisi sulla legittimità del veto posto dal Presidente Mattarella alla nomina del professor Paolo Savona. Nel diritto internazionale, tuttavia, esistono alcuni punti fermi, che risalgono ai tempi di Ugo Grozio, cioè alle prime teorizzazioni di questa disciplina. Sono i seguenti: 1) pacta sunt servanda; 2) rebus sic stantibus; 3) bona fides”.

In merito al diritto internazionale sui migranti, Nordio aggiunge: “I trattati sono molti, e ambigui. (…) Tutti comunque concordano nell’imporre l’obbligo, in caso di soccorso in mare, di trasferire i naufraghi in un porto sicuro. Quello di Dublino ha un oggetto diverso: prevede i doveri dello Stato di prima accoglienza. Ma restiamo al salvataggio dei naufraghi. La nave olandese (o tedesca, non si è capito) ha tratto in salvo i migranti al largo delle coste libiche: i porti più sicuri e (vicini) erano in Tunisia e a Malta, paesi pacifici che garantiscono il rispetto dei diritti umani. Perché allora portarli in Italia? Perché, si dice, l’Italia avrebbe coordinato le operazioni di salvataggio. Ma questo non è previsto dalla legge del mare, che parla, appunto, solo del porto più sicuro“.

“Ammettiamo, per assurdo, che questo nostro obbligo esista”, prosegue Nordio. “Orbene, la disciplina dei naufraghi si applica a coloro che, in circostanze occasionali e impreviste si trovano in pericolo d vita. Ora è indubbio che i poveretti soccorsi in questi giorni versassero in pericolo. Alcuni, temiamo, saranno anche annegati. Ma è possibile affermare che queste navi tedesche battenti bandiere olandesi ( o viceversa), che incrociano a poche miglia dalla Libia e spesso sono in contatto con gli scafisti, è possibile, dicevo, sostenere che raccolgano ‘naufraghi’, o non piuttosto disgraziati cacciati in quella carrette secondo programmi elaborati da organizzazioni criminali? Ed è possibile che gli Stati di partenza, e anche quelli di bandiera delle navi, siano davvero ignari di questo traffico sciagurato? E allora da che parte sta la buona fede, che dovrebbe presiedere all’interpretazione e all’esecuzione dei trattati?”.

Nordio passa poi all’aspetto politico: “Il presidente Macron non ha nessun titolo per impartire lezioni di morale. Le vergogne di Calais e di Ventimiglia, dove i francesi hanno tenuto ammassati migliaia di migranti, fanno il paio con la macroscopica violazione della nostra sovranità con l’arrogante sconfinamento dei ‘gendarmes’ a Bardonecchia. Ma la Francia non è l’unica. I primi a chiudere le frontiere sono stati i ‘progressisti’ Stati baltici, la Svezia e la Danimarca. Poi la Gran Bretagna ha chiuso Dover, quindi tutta l’Europa dell’est ha sbarrato i confini, e l’Austria ha minacciato i carri armati al Brennero. L’Italia, ormai è quasi banale dirlo, è stata lasciata a sbrigarsela da sé”. 

Dunque, conclude Nordio, “il nostro nuovo governo si sta comportando con coerenza e dignità. I migranti raccolti dall’Aquarius sono, e sarebbero stati comunque, assistiti: il ministro Salvini aveva anche proposto lo sbarco delle donne incinte e dei bambini. E’ comprensibile che l’Europa si rammarichi di aver perso il nostro universale centro di raccolta che la esonerava da tanti impegni umani e finanziari, ma deve farsene una ragione. E in effetti qualcosa si sta muovendo. Dopo una politica di remissività passiva, occasionalmente corretta dal ministro Minniti , alzare un po’ la voce non fa male”. Ed è lo stesso Salvini a parlare durante l’informativa in Senato sul caso Aquarius: “Ringrazio l’ex procuratore di Venezia Carlo Nordio che ha scritto un articolo che mi ha confortato”.

E adesso guelfi e ghibellini potranno continuare a sfidarsi e, ognuno, brandire la spada delle proprie ragioni, ma questo certamente non risolverà il problema figlio non solo di interessi economici, ma soprattutto di politiche sbagliate a 360 gradi. E il conto a pagarlo, saranno sempre i più deboli, in questo caso i “poveri” e “disgraziati” migranti.

 

 

 

“Houston abbiamo un problema”, la celebre frase, inviata dallo spazio nell’aprile del 1970, dall’equipaggio dell’Apollo 13 in avaria, per un guasto ai motori, oggi è di casa nel quartier generale dei cinquestelle. La debacle del voto elettorale alle amministrative è il primo campanellino d’allarme per Di Maio, che teme di essere risucchiato dal vortice che Salvini, abilmente, è riuscito creare. Uno tsunami che rischia di travolgere tutto il movimento e con Di Battista pronto a togliersi qualche sassolino dalla scarpa e rientrare in partita, silurando l’ex “steward” del San Paolo.

Ma la vera preoccupazione dei grillini è che Salvini abbia già apparecchiato la tavola e il posto a sedere da premier sia già occupato: ovviamente da lui. Una strategia, quella del leader leghista,  avvalorata dall’uso quasi maniacale dei social. Un palcoscenico dove la scena è tutta sua. La vicenda legata alla chiusura dei porti alla nave Aquarius è la “tempesta perfetta”. E Giggino ne è consapevole, cosciente che su questo piano potrebbe giocarsi ruolo e carriera politica.

“Si deve intervenire subito, è il refrain che ripete instancabilmente ai suoi fedelissimi. E su Salvini, che sta capitalizzando quanto detto in campagna elettorale, sul fenomeno dell’immigrazione, adesso spunta un’altra indiscrezione rivelata da Repubblica: il segretario della Lega starebbe lavorando per ottenere la delega alle Telecomunicazioni che, sul versante Berlusconi, potrebbe essere una mossa ad hoc per tenere serrato l’ex Cavaliere.

E in tutto questo l’obiettivo finale sarebbe quello di staccare la spina al governo, al primo ostacolo, per presentarsi con il centrodestra unito, vincere le elezioni e mandare in esilio i pentastellati. Stracciando il contratto di governo e mandando anche in soffitta il tanto caro progetto del “reddito di cittadinanza” senza il quale ai grillini mancherebbe la benzina per muovere il consenso elettorale, che gli ha permesso di sfondare al sud.

C’è un video che circola in rete che sta facendo discutere. Si vede il premiere Conte in visita al G7 ignorato dai suoi colleghi Capi di Stato. Sembra proprio che non lo degnino, nemmeno di striscio.

Il filmato, certamente, non rispecchierà la realtà dell’esito del summit a cui Conte ha offerto il suo contributo. E comunque una iniziale titubanza è spiegabile con l’inesperienza del professore per eventi di questo genere. Fatto sta che il popolo grillino è balzato su come una furia contro chi ha mostrato queste immagini che tenderebbero a screditare apposta il Presidente del Consiglio.

Una ricostruzione, ovviamente, fantasiosa. Semmai è vero il contrario e cioè che gli altri leader del G7 sembrano snobbare quello italiano, forse portatore di novità troppo dirompenti per gli altri Paesi. Insomma se c’è una responsabilità va attribuita a Merkel e compagni che si tengono alla larga dal Presidente del Consiglio. Conte bisogna lasciarlo lavorare in pace, magari senza che gli altri colleghi cerchino di mettergli il bastone tra le ruote. Ma, allo stesso tempo, anche gli elettori e i simpatizzanti del nuovo Governo devono stare calmi. L’Italia è ancora un paese democratico, dove si può esprimere la propria opinione, fare onestamente il proprio lavoro, e anche mostrare un video dove oggettivanmente le immagini parlano da sole. Poi ognuno commenta, nei limiti dell’educazione. Non siamo al tifo da stadio, né alle gogne via social. Forse…

Come inizio non c’è male. Il Governo targato Conte fa il suo esordio con una sonora sconfitta, come si direbbe in gergo calcistico. Una debacle su tutta la linea, da far impallidire perfino chi lo sostiene.

La fiducia alla Camera dei Deputati è stata ottenuta ma è una sequenza di gaffe, equivoci e cadute di stile da retrocessione diretta, per restare in ambito sportivo. A metà tra Totò e Mr Bean, il primo scivolone di Conte è su il discorso da pronunciare. Il premier, che si è autodefinito “avvocato del popolo”, è stato beccato in un fuorionda: “Questo lo posso dire?”, ha chiesto a Di Maio, in un segnale inequivocabile della sua grande autonomia decisionale.

“No”, è stata la risposta secca del capo del M5S che, a sua volta, ha fatto capire al povero Conte chi comanda veramente. Non proprio una bella figura, per la verità. Ma la dose, se possibile, è stata rincarata subito dopo quando il professore dal curriculum misterioso perde gli appunti e va nel panico. Tutto a posto, ci pensa Di Maio: “Li trovo io, tu comincia a parlare”, spinge il bottone il ministro del Lavoro al neo Presidente del Consiglio.

Terza battuta a vuoto sulla mafia e sul presidente della Repubblica: “Una delle cose che più mi ha addolorato nei giorni scorsi è stato l’attacco alla memoria di un congiunto del presidente Mattarella sui social e veramente mi è dispiaciuto”. Belle parole nei riguardi del Capo dello Stato, peccato che Conte si non si ricordava che il fratello in questione si chiamava Piersanti, era un ex presidente della Regione Siciliana ed è stato ucciso dai killer di Cosa Nostra.

Semplice sbadataggione? Non proprio visto le polemiche che si sono scatenate. “È Piersanti, si chiamava Piersanti”, ha urlato – insolitamente alterato – il capogruppo del Pd alla Camera, Graziano Delrio verso il Presidente del Consiglio,. Un consiglio a Conte: quando è in difficoltà basta cercare su Google per ricostruire vicende che magari non si conoscono. Chiusura con due annotazioni. La prima di carattere giornalistico: non siamo contro il nuovo Governo ma, oggettivamente, questa volta Conte (e Di Maio) hanno toppato clamorosamente. 

La seconda è, invece, di carattere prettamente politico. Ma Salvini dov’era? Siamo sicuri che il suo silenzio non sia tattico? Della serie…li lascio sbagliare tanto poi ci penso io. Insomma il numero uno della Lega lavora in silenzio e, sotto sotto, aspetta il suo momento. Se continua così l’attesa non durerà a lungo.

Dai banchi del Pd è Davide Faraone ad alzare la voce. Prepara anche un foglio, un minicartello che vorrebbe esporre, sul quale c’è scritto: “Cetto La Qualunque”. Una critica esplicita al premier ConteLaura Bottici, senatrice del M5S e questore del Senato, gli si avvicina e lo fa rientrare nei ranghi. Di piu’: lo avrebbe filmato, intimandogli di ritirare il cartello. Faraone abbozza. Qualche banco più in basso ci sono Marcucci e Simona Malpezzi che scalpitano. Bottici va a parlare anche con loro. Matteo Renzi, invece, segue il discorso di Conte in silenzio, ogni tanto frena anche i rumori di protesta che vengono dai banchi del suo partito.

Andrea Marcucci (Pd) affronta la senatrice Laura Bottici del M5S a brutto muso: E quando eravate voi a esporre i cartelli?”, ricorda il capogruppo dem. Quando la seduta finisce, mentre i senatori defluiscono e in tanti della maggioranza si avvicinano a Conte per stringergli la mano, Marcucci parte spedito verso i banchi del governo. Si rivolge, visibilmente arrabbiato, ai grillini Riccardo Fraccaro e Giulia Grillo. I tre però non si intendono. Marcucci è furibondo e continua a inveire rivolto ai pentastellati. Qui inizia, a distanza, lo scambio di battute con Saverio De Bonis (cinquestelle) che si conclude con Marcucci che esplode: “Che fai mi minacci? Ma vattene a fan…”. La tenzone si chiude con le scuse reciproche.

(fonte agenzia Dire)

“Lega xenofoba e il Movimento a cinque stelle fuori dall’ordinario, riuniscono bigottismo e incompetenza a un livello insolito. Sono un gruppo miserabile portato in alto sulla marea globale anti-liberale”. Un attacco durissimo sulle pagine del giornale americano New York Times, che porta la firma di Di Roger Cohen. Nel lungo pezzo pubblicato sull’edizione online, si va oltre all’analisi politica, arrivando all’insulto contro di noi e indirettamente contro i milioni di elettori che, forse anche per protesta, hanno fatto una scelta di rottura rispetto al passato. E questa va sicuramente rispettata.

E continua parlando della sua passione per “l’Unione Europea, il più pazzo propagatore di pace mai creato. Detesto la facile designazione dell’emigrante o di un estraneo come la fonte di guai nazionali, una forma di capro espiatorio con una storia terribile in Europa e ora in vivida esibizione nell’America di Donald Trump. Sono tutto per la serietà di intenti nel governo, e questo non può includere promettenti dispense per le quali non ci sono fondi. In breve, non vedo nulla nella Lega o nel Movimento a cinque stelle propagato su Internet che non mi facciano ribrezzo”.

Si può pensare bene o male di questo governo giallo-verde che ha preso il via qualche giorno fa, ma di certo gli elettori vanno rispettati e soprattutto va rispettato un Paese democratico qual è fino a contraria l’Italia. Ma Roger Cohen continua arrivando addirittura a definire il nostro governo come “terribile, schifoso” (potete leggere qui l’articolo del New York Times).

E infine, chiosa dicendo: “Non vedo niente nella Lega o nel M5S diffuso via Internet che non mi disgusti”.  Considerazioni che si aggiungono alle già pesanti critiche arrivate, nei giorni scorsi, dalla Germania. Ma nel pur legittimo diritto di cronaca che esercitiamo, facendo il nostro mestiere di giornalista, l’offesa gratuita non serve a nulla. Anzi crea ancora di più quel vuoto che, certamente, ad una politica ormai senza primato, non è utile. Il resto è solo “vilipendio” della nostra cara Italia, dei nostri cittadini e degli elettori.