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Il segretario nazionale di “Indipendenza!”, Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma, già ministro e promotore del comitato “Fermare la guerra”, ritorna a Palermo in concomitanza della fondazione del partito, avvenuta un anno fa a Roma e per il quale si terrà un evento il 30 novembre nella città capitolina. Alemanno, nell’ambito del convegno “Cambiamo la Sicilia per cambiare l’Italia”, che si svolgerà domani, venerdì 15 novembre, alle 10, presso l’Hotel Addaura, in via Cristoforo Colombo 4452 a Palermo, affronterà il tema e il percorso da individuare per la scelta del candidato di “Indipendenza!” alla carica di Presidente della Regione siciliana e sarà, anche, l’occasione per parlare dei futuri appuntamenti elettorali in Sicilia.

“La Sicilia è per noi un laboratorio di uomini e di idee – afferma il segretario di Indipendenza! Gianni Alemanno – per una politica che non sia più suddita, ma che colga, attraverso il sovranismo sociale, l’occasione per riscattarsi. L’obiettivo, dunque, è rappresentare con concretezza e su temi chiari, quali il no alle guerre, i massacri in Medio Oriente e i vincoli capestro dell’Unione europea, un modello di speranza per tutti coloro che sono delusi dalla politica e che vediamo, ogni giorno, avvicinarsi a noi. I siciliani hanno diritto ad un futuro che li veda protagonisti non ad operazioni propagandistiche come quella del ponte di Messina, inutile, costosa e priva di logica, ma ad un cambiamento reale che favorisca lo sviluppo economico e sociale della loro terra, lontano dai soliti interessi clientelari”.

 All’incontro, che vedrà svolgere anche una sessione pomeridiana, alla quale parteciperà l’assemblea dei dirigenti siciliani del movimento e che sarà momento di dibattito e di confronto, prenderanno parte i coordinatori regionali, Felice Coppolino (Sicilia occidentale) e Salvo Pace (Sicilia orientale) e diverse delegazioni di “Indipendenza!”, provenienti da varie parti dell’isola. Saranno presenti, anche, Fabio Granata, componente dell’esecutivo nazionale del movimento e responsabile del dipartimento cultura e legalità e Nicola Cristaldi, già presidente dell’Ars, sindaco di Mazara del Vallo dal 2009 al 2019 e candidato primo cittadino nell’ultima tornata elettorale di Mazara.

 

Non poteva che essere il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, a rimandare al mittente l’inaccettabile “cartolina” con la quale Elon Musk aveva tentato, forse per provocazione o forse per arroganza, di affermare il proprio delirio di onnipotenza alla conte Tacchia: “io sono io e voi non siete un c…o”. Poche parole, quelle di Mattarella, semplici ma forti come quegli  schiaffoni che si danno al proprio pargolo che l’ha fatta davvero grossa. Frasi pubblicate, non a caso sul profilo ufficiale del Quirinale del social X di Musk, che fanno la differenza nel totale silenzio di tutto l’arco istituzionale di maggioranza.

“L’Italia è un grande Paese democratico e devo ribadire, con le parole adoperate in altra occasione, il 7 ottobre 2022, che sa badare a se stessa nel rispetto della sua Costituzione. Chiunque, particolarmente se, come annunziato, in procinto di assumere un importante ruolo di governo in un Paese amico e alleato, deve rispettarne la sovranità e non può attribuirsi il compito di impartirle prescrizioni”. 

Queste le parole di Mattarella che suonano, in modo inequivocabile, come una netta difesa alla costituzione italiana, all’autonomia del nostro Paese e della nostra magistratura, ma anche all’ingerenza su un paese sovrano. Così come il silenzio che ha tanto irritato Mattarella sia da parte del governo, che dei leader dei partiti di maggioranza e di tutto il centrodestra. In particolare di Giorgia Meloni e Matteo Salvini.

La querelle, di cui ieri abbiamo parlato in questo articolo (clicca qui per leggerlo), è figlia di un atteggiamento al quale Musk ci ha abituati, ovviamente in senso negativo. E poi ancora decisamente incisivo e galvanizzato alla luce della vittoria di Donald Trump, per la quale lo stesso ceo di Tesla si è giocato tutte le carte. Ma la vera anomalia è che, al di là della rappresentazione delle parole di Musk, che poi non incide per fortuna sulla sovranità del nostro paese, così come sulla nostra costituzione, ci si aspettava da parte di tutti un gioco di squadra. Invece, sembra proprio che la tanto paventata sovranità popolare o nazionale, sbandierata da sempre da Meloni & co, sia soltanto uno specchietto per le allodole quando in ballo ci sono i miliardi che Musk vuole investire in Italia. E qui che per fortuna c’è Sergione a ricordarci che siamo il paese culla della cultura, della scienza, del turismo, dell’arte, del così tanto vituperato “made in Italy” e potrei continuare. Un Paese che viene “umiliato” da un miliardario, il quale crede che sia il denaro a poter fare la differenza con l’aggravante di voler decidere se mandare via un magistrato.

Quindi alla fine Sergio Mattarella sempre e, comunque, “uno di noi”. Un italiano che ha atteso 24 ore e con una “leggerezza pesantissima” ha dato una lezione di altissimo spessore istituzionale, che questa classe politica da “circo Barnum”, non riuscirebbe a porre in essere neanche se governasse per 100 anni. E se la vogliamo dire tutta la vera preoccupazione è il dopo Sergione, quando avverrà, ossia il diluvio.

 

 

Il silenzio imbarazzante di Giorgia Meloni alle parole di Elon Musk, che attacca frontalmente i giudici italiani, rispondendo ad un post su X, traccia la linea ben definita del nuovo corso mondiale e, di fatto, emargina ancora di più il nostro paese ormai colonia di questo o di qualsiasi altro Paese. Altro che sovranità nazionale tanto sbandierata dalla premier. Qui siamo di fronte ad un’ingerenza su un potere autonomo dello Stato, di cui (vedi Csm) il presidente della Repubblica Mattarella ne è capo supremo. Quindi, un attacco anche alla prima carica dello Stato nella genuflessione più assoluta di una classe politica italiana ormai piegata a chi dà le carte o al figurante di turno.

“Questi giudici devono andarsene” (These judges need to go). Così Elon Musk su X ha commentato un post di un utente che riporta la notizia della sospensione della convalida del trattenimento per sette migranti decisa dalla sezione immigrazione del Tribunale di Roma che si è anche rimesso alla Corte Ue.

Tutto nasce dalla decisione dei giudici italiani all’ennesimo rimpatrio dei migranti dall’Albania che, a dire del magistrato Andrea Natale della sezione Protezione Internazionale di Torino, trattasi di una “scelta del tribunale di Roma che non sorprende affatto. La Corte di giustizia europea ha detto chiaramente che alla luce della normativa Ue il giudice ha il dovere, il potere e la responsabilità di decidere se un Paese sia sicuro”.

Quindi tutto legittimo, ma ovviamente contro la narrazione di chi ha costruito una politica contro i migranti, utilizzandoli come arma di distrazione di massa. Se vediamo (basta leggere ciò che abbiamo scritto – clicca qui) come l’Italia si sia ridotta: famiglie sempre più povere e indebitate. Il 13 per cento arriva a fine mese con grandi difficoltà, possiamo immaginare che i problemi di casa nostra sono ormai diventati un optional.

La premier, che in modo palese si è mostrata in pubblico con il fondatore di Tesla paventando “affari che riguardano il governo italiano e lo stesso Musk” (vedi patto segreto per i satelliti svelato dall’inchiesta Sogei), è la cartina di tornasole, dunque, di questo mutismo. Proprio adesso che al potere negli Usa è arrivato Donald Trump, di cui ricordiamo Elon Musk è uno, se non l’unico grande finanziatore economico della campagna elettorale. Quindi si evidenzia un tema delicato che tocca diversi piani: quello politico, giudiziario e conseguentemente il dibattito sulla gestione dei migranti.

Infatti, l’accordo Albania-Italia, che prevede il trasferimento di migranti in centri di accoglienza nella stessa Albania, ha sollevando aspre critiche da parte di attivisti e opposizione, che lo considerano una delega dei propri doveri internazionali. La posizione ferma di Meloni sul tema migratorio sembra volere soddisfare la base elettorale, ma rischia di sollevare nuove tensioni sul piano internazionale, soprattutto se associata a critiche come quelle di Musk che, in questi termini, risultano essere inaccettabili per qualsiasi paese si definisca autorevole e democratico.

E possiamo anche immaginare l’insofferenza del Capo dello Stato, che proprio in questi giorni si è recato in Cina per ricucire quello strappo causato dalla rottura, ad insediamento avvenuto del governo Meloni, della “Via della Seta”. Un ruolo da “Penelope” di Mattarella, svilito da una compagine governativa che guardando soltanto al consenso, per paura di perderlo, rischia di finire in un cono d’ombra in un Paese, ricordiamolo sempre, dove parte degli italiani, quelli non fortunati, hanno serie difficoltà a mettere il pranzo con la cena.

(fonto foto Il Gazzettino)

 

 

 

In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Matteo Renzi ha attaccato duramente il governo di Giorgia Meloni, accusandolo di basare la propria azione politica su campagne mediatiche, senza produrre risultati concreti. Renzi, leader di Italia Viva ed ex Presidente del Consiglio, ha descritto l’operato del governo come una serie di “spot” e ha criticato la premier per quella che ha definito una politica di facciata, priva di riforme reali per il Paese. Tuttavia, nel corso dell’intervista, Renzi ha anche rivolto il suo sguardo alla magistratura, annunciando un esposto alla Corte dei Conti.

Riguardo al governo Meloni, Renzi ha sottolineato che, secondo lui, l’esecutivo è più impegnato a comunicare un’immagine di efficienza che a mettere in pratica soluzioni efficaci. “Meloni fa solo spot”, ha dichiarato, evidenziando che molte delle iniziative promosse dal governo, dai temi economici alla gestione dell’immigrazione, si riducono a slogan mediatici senza portare a veri cambiamenti.

Oltre a criticare l’azione governativa, Renzi ha affrontato il tema delle comunicazioni informali tra magistrati, che negli ultimi anni hanno scatenato diversi dibattiti pubblici, soprattutto in seguito alla diffusione di chat private tra toghe. “Le toghe la smettano con il vizio della chat”, ha affermato Renzi, facendo riferimento alla prassi di magistrati di scambiarsi messaggi privati in cui si discutono questioni giudiziarie, una prassi che, secondo il leader di Italia Viva, rischia di compromettere l’immagine di imparzialità e trasparenza del sistema giudiziario italiano.

Renzi ha poi fatto un annuncio importante, dichiarando l’intenzione di presentare un esposto alla Corte dei Conti. La mossa sembra collegata alla gestione delle risorse pubbliche da parte del governo e, in particolare, a progetti che Renzi ritiene poco trasparenti o inefficienti. Sebbene non abbia fornito dettagli specifici sul contenuto dell’esposto, è chiaro che Renzi intende sfidare legalmente il governo su alcune delle sue iniziative finanziarie, puntando il dito contro possibili irregolarità nell’uso dei fondi pubblici.

Questo annuncio segna un nuovo capitolo nel conflitto tra Renzi e la maggioranza di centrodestra, in particolare Meloni. Renzi, che in passato ha subito indagini giudiziarie che hanno fortemente influenzato la sua carriera politica, ha ribadito la necessità di una magistratura più responsabile e meno influenzata da dinamiche interne. Il suo richiamo a una maggiore trasparenza, sia a livello politico che giudiziario, riflette il suo continuo tentativo di ritagliarsi un ruolo di “riformatore” della politica italiana, al di fuori delle dinamiche tradizionali dei partiti.

Le parole di Renzi, e l’annuncio dell’esposto, hanno inevitabilmente attirato l’attenzione dei media e del mondo politico, in un momento di forte tensione tra governo e opposizione. La sfida lanciata dal leader di Italia Viva, sia al governo Meloni che alla magistratura, promette di alimentare ulteriormente il dibattito su temi cruciali come la giustizia, la trasparenza nell’amministrazione e l’efficacia delle politiche governative.

Resta da vedere come si evolverà la situazione, ma l’esposto alla Corte dei Conti potrebbe aprire un nuovo fronte di scontro politico e legale per il governo, aggiungendo ulteriori complessità all’attuale clima politico già teso.

(fonte foto copertina agenzia Dire)

Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni è intervenuta con un video pubblicato sulla sua pagina Facebook, per rispondere alle recenti critiche sulla legge di bilancio in corso di definizione. Nel video, Meloni ha difeso il suo operato, smentendo con fermezza le accuse secondo cui il governo stia pianificando di introdurre nuove imposte. «È falso che vogliamo introdurre nuove tasse – ha dichiarato Meloni – noi, semmai, le stiamo abbassando».

Le Critiche alla Manovra Finanziaria

Negli ultimi giorni, la bozza della manovra finanziaria ha sollevato un acceso dibattito, con molteplici esponenti politici e commentatori che hanno espresso preoccupazione su possibili aumenti fiscali. L’opposizione ha accusato il governo di voler imporre nuove tasse per far fronte alle esigenze di bilancio, in particolare per coprire le spese necessarie a sostenere misure di welfare e sviluppo economico. La questione è stata sollevata anche da diversi media, alimentando una narrazione che, secondo Meloni, distorce la realtà dei fatti.

La Replica di Meloni

Nel video, la Premier ha sottolineato che il governo sta lavorando per mantenere le promesse fatte durante la campagna elettorale, ribadendo l’impegno a ridurre il carico fiscale su famiglie e imprese. «Abbiamo sempre detto che vogliamo favorire la crescita e la competitività dell’Italia, non appesantendo ulteriormente i cittadini e questo è ciò che stiamo facendo con la manovra attuale».

Meloni ha poi fatto un elenco delle misure previste nel documento finanziario che andrebbero nella direzione opposta rispetto a quanto denunciato dall’opposizione. Tra queste, il taglio del cuneo fiscale per i redditi medio-bassi e l’eliminazione di alcuni balzelli considerati iniqui. «Abbassare le tasse non significa solo ridurre le aliquote, ma anche eliminare quelle voci che rendono il nostro sistema fiscale opprimente», ha aggiunto.

Le Misure Contenute nella Manovra

Tra le misure che il governo intende introdurre nella nuova legge di bilancio, Meloni ha citato:

– Taglio del cuneo fiscale: previsto un ulteriore sgravio per i redditi inferiori ai 35.000 euro annui, volto a favorire l’incremento del potere d’acquisto e stimolare i consumi interni.
– Semplificazione fiscale per le imprese: nuove norme per ridurre la burocrazia fiscale e facilitare il pagamento delle imposte da parte delle PMI.
– Abolizione di micro-tasse: eliminazione di piccole imposte e balzelli che spesso complicano la vita a cittadini e aziende senza generare un reale beneficio per l’erario.

Le reazioni dell’opposizione

Nonostante le rassicurazioni del Presidente del Consiglio, le reazioni all’annuncio non si sono fatte attendere. Le opposizioni sostengono che le misure proposte non siano sufficienti per far fronte alle sfide economiche che il paese sta affrontando, e che alcune delle proposte potrebbero, in realtà, gravare sui conti pubblici nel medio-lungo termine. Alcuni analisti hanno sottolineato che la riduzione delle tasse deve essere accompagnata da una strategia di sviluppo chiara e sostenibile, per evitare di incrementare il debito pubblico.

Il video di Giorgia Meloni, (clicca qui per vederlo), rappresenta un tentativo di smorzare le polemiche e rassicurare i cittadini sulle intenzioni del governo in merito alla legge di bilancio. Tuttavia, la questione resta aperta e continuerà a essere oggetto di dibattito nelle prossime settimane, soprattutto alla luce dei confronti che seguiranno in Parlamento. Sarà necessario attendere l’approvazione definitiva della manovra per comprendere realmente l’impatto delle misure annunciate e verificare se il governo riuscirà a mantenere la promessa di ridurre il carico fiscale senza compromettere la stabilità economica del Paese.

(fonte foto La Stampa)

Era assolutamente un’elezione scontata. Diciamo giocata a tavolino anche di fronte l’ombra dell’inchiesta sui vaccini, che era piombata ieri sulla presidente della Commissione Ue. Dunque, Ursula Von der Leyen è nuovamente al comando in Europa, soprattutto grazie ai voti dei Verdi, ma con il vento contrario “dell’amica” Meloni, che ha dovuto piegarsi ai diktat interni del suo partito. La presidente del consiglio italiano avrebbe sicuramente gradito una posizione di forza, con un voto favorevole, ma è stata costretta a dire no per non far implodere il suo giocattolo.

Sono stati 401 i voti a favore, 284 i contrari e 15 gli astenuti. Sette le schede nulle. I votanti 707. La maggioranza minima richiesta per l’elezione era 360. Gli europarlamentari di Fdi hanno votato contro Ursula Von der Leyen. “Le scelte fatte in questi giorni, la piattaforma politica, la ricerca di un consenso a sinistra fino ai Verdi hanno reso impossibile il nostro sostegno a riconferma della presidente Ursula von der Leyen”. A dirlo è stato il capodelegazione di Fdi all’Eurocamera Carlo Fidanza sottolineando che con la rielezione “non viene dato seguito al forte messaggio di cambiamento uscito dalle urne del 9 giugno”.

“Questo non pregiudica il nostro rapporto di lavoro istituzionale ha aggiunto l’esponente di FdIche siamo certi possa portare alla definizione di un ruolo adeguato in seno alla prossima commissione che l’Italia merita”.

Il voto a favore dei Verdi è stato decisivo per il bis di von der Leyen. E’ quanto emerge da una prima analisi del numero dei voti. La tedesca ha incassato 401 consensi, superando ampiamente la soglia necessaria dei 360. Con l’annunciato sostegno dei Greens, la maggioranza su cui poteva contare con Popolari, Socialisti e Liberali avrebbe raggiunto la quota teorica di 454 voti. Sulla carta i franchi tiratori risultano quindi oltre 50. Dunque, il voto a favore dei Verdi è stato decisivo per il bis di Ursula von der Leyen.

Altri 5 anni. Non so come esprimere quanto sono grata per la fiducia di tutti gli eurodeputati che hanno votato per me”, ha scritto Ursula von der Leyen su X dopo aver ottenuto il bis alla guida della Commissione europea. Poi in conferenza stampa: “L’altra volta ho avuto 8 voti sopra la maggioranza, questa volta 41: è molto meglio. E lancia anche un messaggio di fiducia e testimonia il lavoro che abbiamo fatto insieme al Parlamento”. “Noi abbiamo lavorato per una maggioranza democratica, per un centro pro-Ue. E alla fine mi ha sostenuto. Credo che il nostro approccio è stato corretto”, ha detto ancora la presidente della Commissione rispondendo a chi gli chiedeva se il voto contrario di Fratelli d’Italia non abbia mostrato che poteva essere messo in campo un approccio diverso.

Congratulazioni von der Leyen! Fieri del grande lavoro di squadra del Ppe per sostenere la tua conferma alla guida della Commissione europea – ha scritto su X il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani -. Conta sempre su Forza Italia per costruire un’Europa più competitiva, più sicura e portatrice di pace”. Per il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, la rielezione di Ursula von der Leyen è “un chiaro segno della nostra capacità di agire” nell’Ue.

“Per noi votare a favore di von der Leyen avrebbe significato andare contro ad alcuni dei nostri principi. Alcune tematiche ci hanno reso impossibile votare a favore”, ha detto l’eurodeputato di Fratelli d’Italia e co-presidente di Ecr, Nicola Procaccini, dopo il voto sulla riconferma della presidente della Commissione europea. “D’altra parte vogliamo avere un rapporto estremamente costruttivo”, ha aggiunto Procaccini, evidenziando che nel corso della legislatura “la partita si giocherà sui contenuti”.

“La conferma di Ursula Von der Leyen è una brutta notizia per i cittadini europei e per gli italiani in particolare, soprattutto per il pericoloso sostegno di sinistre ed eco-fanatici. Tradito il voto di milioni di elettori che chiedevano il cambiamento e che ora subiranno le scelte scellerate degli estremisti verdi”. Così una nota della Lega.

Un lungo applauso nell’emiciclo di Strasburgo ha seguito l’annuncio dei risultati del voto. In piedi gli eurodeputati di Verdi, Socialisti, Liberali e Popolari. Gelo dai Patrioti e dall’estrema destra. Seduti senza applaudire gli eurodeputati di Fratelli d’Italia.

(fonte Ansa e foto)

E’ un attacco a tutto tondo quello del segretario nazionale di “Indipendenza!”, Gianni Alemanno, che stamattina, nel corso di un incontro pubblico al palazzo municipale di Messina, ha ribadito la propria contrarietà alla realizzazione del Ponte sullo Stretto.

“Un progetto lacunoso, incompleto, costosissimo e inutile – ha detto Alemanno – che ha già iniziato a bruciare una enorme quantità di risorse. Alla Sicilia e alla Calabria servono consapevolezza culturale, legalità, strade, ferrovie, prevenzione idrogeologica, rigenerazione urbana, difesa della bellezza e non l’ennesima illusione di un’opera priva di senso e logica. L’attuale ‘progetto Ponte’ è solo una grottesca operazione, priva di un vero progetto esecutivo e con lacune praticamente insormontabili, sottolineate dalle centinaia di osservazioni sostanziali formulate dal Ministero dell’Ambiente, dalla Commissione tecnica del Ministero delle Infrastrutture, dagli ordini professionali, dalle associazioni e dai comitati cittadini. E poi a ciò si aggiunge la follia di un piano espropri surreale che dovrebbe portare alla demolizione di migliaia di abitazioni e di spazi pubblici, per edificare due mostruosi piloni di oltre 400 metri d’altezza, che pregiudicherebbero per sempre uno dei paesaggi naturali, storici e mitologici più belli e importanti al mondo”.

Dunque, una totale bocciatura per un’opera reputata fondamentale e voluta dal ministro Matteo Salvini che si sta giocando, con il Ponte, una partita esclusivamente elettorale contro il resto del suo partito, che certamente non vede di buon occhio un’infrastruttura che si scontra contro la politica leghista pro Nord.

Inoltre, Alemanno ha ribadito la “il dovere di sostenere una politica che sappia ascoltare le reali esigenze della gente e costruire, al contempo, una classe dirigente che accolga il grido di cambiamento di tanti, contro logiche che mettono sempre al centro interessi clientelari e propagandistici. Dalla Sicilia deve partire il riscatto per favorire quello sviluppo economico e sociale, che non può prescindere dalla scelta di uomini e donne all’altezza di portare avanti battaglie che possano ridare speranza ai siciliani”.

L’ex sindaco di Roma si recherà, nel tardo pomeriggio, a Bagheria e poi a Mazara del Vallo per sostenere i propri candidati alle prossime amministrative e per incontrare i dirigenti del movimento della Sicilia occidentale.  

“Indipendenza! oggi in Sicilia vuole dare un segnale chiaro e forte ponendosi a fianco dei tantissimi amministratori che negli anni scorsi hanno lavorato bene sul territorio. E la figura di Nicola Cristaldi, candidato sindaco di Mazara del Vallo, che ha dimostrato doti di spessore come amministratore, va proprio in questa direzione. Una scommessa che ci vede costruttori nel saper aggregare risorse umane, quale valore aggiunto di una politica che guarda oltre gli steccati delle sigle”.

Questo il calendario degli appuntamenti pomeridiani

Gianni Alemanno terrà un incontro alle 16.30 a Bagheria presso il locale Agapè, a sostegno del candidato alle amministrative Fabio Catrisano. Alle 19.30 si recherà, invece, a Mazara del Vallo per sostenere la candidatura a Sindaco di Nicola Cristaldi e dove incontrerà la candidata alle ammnistrative, Adriana Cavasino.

 

 

 

Appare tutta in divenire la partita delle europee di giugno, anche se il partito di Giorgia Meloni conferma il podio, ma non riesce a sfondare il tetto del 30 per cento rimanendo ben sotto il 27 per cento. E’ quanto emerge dal sondaggio di Quorum/YouTrend commissionato per Sky Tg24. Uno scenario al quale si aggiunge il calo complessivo del centrodestra, che vede anche Forza Italia in difficoltà. Dunque, consecutiva flessione nelle intenzioni di voto degli italiani per Fratelli d’Italia, che resta, come abbiamo detto, il primo partito con il 26,8% (-0,5% dal 6 maggio). Cala anche Forza Italia (8%, -0,3%) che deve dare il passo come seconda forza del centrodestra alla Lega (stabile all’8,3%).

Il Pd, invece, rimane il secondo partito in Italia, riavvicinandosi al 21% (20,7%, +0,2%). Continua ad attorno al 16% il M5S (16,1%: +0,1%). Tra i tre partiti che si avvicinano alla soglia di sbarramento, stabile AVS al 4,4%, crescono leggermente SUE (4,7%, +0,2%) e soprattutto Azione di Calenda, che arriva esattamente alla soglia 4% (+0,2%).

Simulazione seggi: Fratelli d’Italia al momento otterrebbe 21 seggi (ne aveva 6 nel 2019). Seguirebbe il Pd con 17 seggi (in calo di 2) e il Movimento Cinque Stelle con 14 seggi (stabile). Tonfo della Lega da 29 a 6, stesso numero per Forza Italia (in perdita di un seggio). Stati Uniti d’Europa raggiungerebbe quota 4 seggi, così come Alleanza-Verdi Sinistra. Azione ne avrebbe 3, il Südtiroler Volkspartei 1.

Peggiora il giudizio degli intervistati su Giorgia Meloni, che raggiunge Giuseppe Conte: il 33% degli italiani dice di avere fiducia in loro. In leggera salita Elly Schlein (25%), in discesa Antonio Tajani (anche lui al 25%). Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella torna al 64%. Come Meloni e Tajani, va verso il basso anche la fiducia in Matteo Salvini (17%). Stabile Carlo Calenda, al 16%, e in discesa dell’1% Matteo Renzi.

Parallelamente al leggero calo della fiducia nei tre leader dei maggiori partiti di Centrodestra, peggiora anche il giudizio complessivo sul governo Meloni: è positivo per il 34% degli intervistati, -3%.

(fonte Sky Tg24)

Era tutto già scritto sin da quando la coppia Calenda-Renzi aveva deciso di convogliare a nozze “combinate”. Perchè di questo si è trattato. Un’operazione esclusivamente renziana, che serviva all’uomo di Rignano per poter sedere nuovamente in parlamento e avere facile manovra alle sue alchimie politico-economiche.

“L’unico problema oggi, per la costruzione del partito unico dei liberal-democratici, è che Renzi non vuole prendere l’impegno a sciogliere Italia Viva e a finanziare il nuovo soggetto e le campagne elettorali”. E’ quanto racconta un dirigente di Azione all’agenzia Ansa, commentando i retroscena apparsi sui giornali in questi giorni e definendo “inaccettabili i tatticismi durati mesi dell’ex premier”.

“La pazienza del gruppo dirigente di Azione si è esaurita. In settimana – continua la fonte – si capirà se questo nodo si potrà sciogliere. Se così non sarà il partito unico non potrà nascere”. Matteo Renzi ha sostituito a sorpresa Rosato alla guida del partito, per controllarne direttamente i soldi e la struttura. In questo modo ha delegittimato anche il comitato politico della federazione del Terzo Polo dove oggi non siede nessun rappresentante di IV in grado di prendere impegni. Calenda ritiene inaccettabile questo atteggiamento in quanto contrario agli impegni presi con gli elettori. Dopo mesi di tatticismi da parte di Renzi sul partito unico e le sue assenze dalle attività del Terzo Polo per occuparsi di affari privati, a cui da ultimo si è aggiunto Il Riformista, la pazienza del gruppo dirigente di Azione si è esaurita. In settimana – conclude la fonte – si capirà se questo nodo si potrà sciogliere. Se così non sarà il partito unico non potrà nascere”.

La replica dei renziani non si è fatta attendere. “Non c’è nessun tatticismo di Italia Viva. Abbiamo deciso di fare un congresso democratico in cui ci si confronti a viso aperto e non con le veline anonime” così in una nota Alessia Cappello e Ciro Buonajuto, portavoce nazionali di Italia Viva. “Ci sono le date già fissate, ci sono le regole decise da Calenda comprese quelle sul tesseramento, ci sono i gruppi di lavoro con i nomi già decisi, c’è il comitato politico. Noi siamo pronti al congresso che Calenda ha chiesto di fare. E ci mettiamo nome e cognome. C’è qualcuno che cambia idea una volta al giorno, ma quel qualcuno non siamo noi”.

“Leggo polemiche dentro il Terzo Polo. Mi dispiace. Abbiamo scelto di fare un partito unico e abbiamo già definito le date. Noi non cambiamo idea e lavoriamo in questa direzione”, scrive su Twitter Maria Elena Boschi.

Dichiarazioni di facciata che celano, invece, un big bang all’interno del Terzo Polo ma soprattutto per una partita che vedrebbe in vantaggio al congresso i renziani. E se poi mettiamo sul tappeto verde la variabile impazzita di Forza Italia legata alla salute del suo fondatore, Silvio Berlusconi, tutto diventa ancora più complicato. Il rischio di una scissione nel dopo Berlusconi è data per cosa certa. E, infine, con la Meloni che arretrando nei sondaggi, sarebbe costretta a ricevere assist da Renzi, che da bravo “affarista” le darebbe volentieri un aiutino in cambio magari di qualche nomina.

Ma c’è anche e non di meno conto, l’aspetto economico. Infatti nel pomeriggio il leader di Azione incontrerà i suoi e alle 21.30 toccherà al senatore di Italia viva. Il 2 per mille di Iv vale due milioni di euro, se ci fosse lo strappo i parlamentari dei due partiti del Terzo polo finirebbero nel Misto. E non è escluso che questa vicenda finisca a “tarallucci e vino”.

(fonte Ansa – Huffpost)

E’ un appello forte quello lanciato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo intervento al primo Festival delle Regioni e delle Province Autonome, che si è tenuto a Palazzo Lombardia a Milano.

“I massicci finanziamenti erogati dalla Commissione europea sono destinati precisamente ad accelerare l’infrastrutturazione del Paese colmando i divari che prima ho ricordato, a partire da quello tra il Nord e il Meridione. Si registra un’ampia condivisione in ordine alla necessità di completare il programma di riforme e, per quanto riguarda gli investimenti, di considerare una priorità assoluta gli obiettivi individuati nel Piano per far crescere l’economia all’insegna della sostenibilità e dell’uguaglianza. Dinanzi a sfide di questa portata è richiesto l’impegno convergente delle istituzioni e di tutte le forze politiche e sociali”.

“Un impegno – ha aggiunto Mattarella – che abbiamo assunto in sede europea e che va, ovviamente, onorato. Opportunamente il Presidente Fedriga ha definito il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ‘un momento straordinario di potenziale sviluppo del nostro Paese’. E va apprezzata la disponibilità della Conferenza a contribuire all’attuazione del Piano favorendo l’integrazione di tutte le politiche pubbliche e uno sviluppo omogeneo dei territori. La leale collaborazione e la disponibilità al dialogo, al confronto e alla collaborazione che le Regioni manifestano meritano di essere fatte proprie da tutti nell’interesse dell’Italia”.

Un messaggio più che subliminale che ha come destinatario il governo Meloni e in particolare gli ultimi provvedimenti attuati, anche in riferimento al piano di resilienza, che da retroscena interni non sono andati giù al Capo dello stato. Per non parlare della bocciatura in toto della prima manovra finanziaria da parte della Corte dei conti che da Banca d’Italia. E l’insoddisfazione dei sindacati e di Confindustria. Parte, dunque, tutta il salita la “scalata” della Meloni, che tra le altre cose negli ultimi sondaggi sembra aver arrestato la spinta dovuta alle tante promesse elettorali. Perchè una cosa è sciorinare le pagine dei libri dei sogni, un’altra è riuscire a riempirne le pagine.

(Fonte video agenzia vista)