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LETTERATURA STRANIERA
Classificazione
Letteratura statunitense
Autore
Patricia Cornwell
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EDITORE
Casa editrice
Mondadori

La trama e le recensioni di Polvere, romanzo di Patricia Cornwell edito da Mondadori. Kay Scarpetta è finalmente tornata a casa sua a Cambridge, dopo l’ultimo difficile caso, quando riceve una telefonata dal suo storico compagno di lavoro, Pete Marino, il quale la informa che il corpo di una giovane donna è stato ritrovato sul campo da baseball del Massachusetts Institute of Technology. Ben presto si scopre che si tratta di Gail Shipman, un ingegnere informatico che ha in corso una causa milionaria contro una società di intermediazione finanziaria che l’ha mandata sul lastrico. Kay Scarpetta dubita fortemente che si tratti di una coincidenza e ha anche il timore che questo caso sia in qualche modo collegato alla sua geniale nipote, Lucy. A un primo sguardo, la causa della morte di Gail Shipman non è chiara: il suo cadavere è avvolto in un telo color avorio ed è stato composto in una posa particolare. Questo fa pensare che chi l’ha uccisa non sia un killer alle prime armi. Sul corpo vengono inoltre ritrovate tracce di polvere fluorescente rosso sangue, verde smeraldo e blu zaffiro. Tutti questi elementi collegano il fatto a una serie di omicidi a sfondo sessuale perpetrati a Washington da un serial killer soprannominato Capital Murderer, di cui si sta occupando Benton Wesley, il marito di Kay. La famosa anatomopatologa e i suoi collaboratori si ritrovano ben presto di fronte a uno scenario molto più inquietante di un semplice caso di omicidi seriali, un mondo sinistro che ha a che fare con le droghe sintetiche e la nuova tecnologia dei droni, che vede coinvolti il crimine organizzato e le più alte sfere governative. Polvere è il ventunesimo caso di Kay Scarpetta, protagonista icona di un’autrice che da molti anni non smette di stupire e appassionare i lettori.

Patricia Cornwell (Miami, Florida, 1956) ha lavorato come cronista di nera e presso l’Ufficio di medicina legale della Virginia. Ha esordito nella narrativa nel 1990 con Postmortem, con cui ha vinto l’Edgar Award americano e il premio per l’opera prima della British Crime Writers Association. Il successo, raggiunto a livello mondiale, è andato crescendo con tutti i romanzi successivi e il personaggio di Kay Scarpetta ha vinto nel 1999 il prestigioso Sherlock Award per il miglior detective creato da uno scrittore americano.

LETTERATURA ITALIANA – genere avventura (2013) Autore: Marco Buticchi – sito web: www.marcobuticchi.it – Casa editrice Longanesi La trama e le recensioni di “La stella di pietra”, romanzo di Marco Buticchi edito da Longanesi. È il 1985 e l’Italia è da tempo sull’orlo della destabilizzazione. La tensione è provocata da un semplice simbolo: una stella a cinque punte. Ma, alla sua ombra, si concentrano connivenze, intrighi internazionali, alleanze inconfessabili, misteri e insabbiamenti. Sara Terracini non sa ancora quanto le oscure trame del terrorismo la toccheranno da vicino: è il giorno della sua laurea, e Sara è alle prese con una verità sconvolgente. I suoi studi sul Laocoonte, il famoso gruppo statuario attribuito alla produzione classica, indicano che la mano che l’ha scolpito potrebbe invece appartenere a uno degli artisti più famosi di ogni tempo… È il 1487 e il giovane Michelangelo Buonarroti, a bottega dal Ghirlandaio, si distingue sia per il talento incontrastato sia per il carattere impetuoso e irriverente. Un carattere che, insieme all’invidia e all’avidità che da sempre circondano gli accoliti dei potenti, negli anni lo porterà a guadagnarsi non pochi nemici. Ma è una burla senza precedenti, un falso di sua creazione, a rischiare di fargli perdere tutto. E a poco o nulla servirà nascondere i bozzetti del Laocoonte che potrebbero incriminarlo. Anzi, proprio da questo ha inizio una scia di morte che arriva… fino ai giorni nostri, sino cioè agli Anni di Piombo, e sino a mettere in pericolo la vita di Sara Terracini. E se i bozzetti di Michelangelo fossero un tesoro servito a finanziare le operazioni più inconfessabili del terrorismo? Il segreto sta per riaffiorare e travolgere decine di inconsapevoli protagonisti. Insieme a un inaspettato personaggio, Sara è costretta ad affrontare una corsa contro il tempo per cercare di impedirlo… Un romanzo dal ritmo implacabile, disseminato di verità storiche che emergono tra le righe a risvegliare i ricordi della nostra memoria collettiva. Una nuova, indelebile pagina del Maestro italiano dell’Avventura. (fonte www.qlibri.it) Biografia di Marco Buticchi. E’ nato alla Spezia e ha viaggiato moltissimo per lavoro, nutrendo così anche la sua curiosità, il suo gusto per l’avventura e la sua attenzione per la storia e il particolare fascino dei tanti luoghi che ha visitato. È il primo autore italiano pubblicato da Longanesi nella collana “I maestri dell’avventura” (accanto a Wilbur Smith, Clive Cussler e Patrick O’Brian), in cui sono apparsi con grande successo di pubblico e di critica Le Pietre della Luna (1997), Menorah (1998), Profezia (2000), La nave d’oro (2003), L’anello dei re (2005), Il vento dei demoni (2007) e Il respiro del deserto (2009). Nel dicembre 2008 è stato nominato Commendatore dal Presidente della Repubblica per aver contribuito alla diffusione della lingua e della letteratura italiana anche all’estero.

di Gaetano Càfici – L’indignazione è una parola molto semplice. Di quelle che danno chiaro il senso delle cose. Nessuna alchimia, nessun indugio. Quando la sentiamo non ci sorprendiamo, perché è inequivocabile ciò che vogliamo dire con quelle dodici sillabe.

Nella nostra città, invece, accade che ci si indigni, non per le discariche a cielo aperto, per le code infinite negli uffici pubblici, per l’arroganza di quegli automobilisti che se ne fregano delle regole, per un servizio di trasporto pubblico che di europeo non ha nemmeno gli adesivi sulle targhe del bus, per le aiuole sporche, per i negozi che chiudono, per i giovani che non hanno il lavoro e per i meno giovani che lo perdono.
La narcosi è totale ! Come un “Enola Gay” di triste memoria, che lentamente sgancia bombe  di “prozac”. In questo caso l’indignazione si coniuga perfettamente con la parola indifferenza. Non esiste antidoto. È una peste invisibile che sembra non avere effetti collaterali, ma che contagia e si diffonde in modo capillare. Non ha odore, non la si percepisce, ma si sa che è una malattia incurabile. E poi accade, anche, quella che possiamo definire “variabile impazzita”, dove un certo perbenismo è il vero ottundimento di comportamenti che altro non sono se non alibi per la propria coscienza: vedi modello tre scimmiette!
I fatti: chiude la valigeria Ferrari di corso Vittorio Emanuele e, qui, forse, la notizia sarebbe soltanto da annoverare tra le tante di cronaca giornalistica. Nulla di più ! Invece, in quella storica e prestigiosa sede nascerà un Sexy shop con relativa insegna, già affissa ma poi tolta in quanto il nuovo proprietario, con quel gesto, aveva ricevuto prontamente critiche e forte  “indignazione” di cittadini e residenti proprio per aver tolto quell’antica scritta disegnata dal Basile e per “la perdita di decoro della strada”. 
 Non entriamo nel merito dell’attività di questo imprenditore. Se si tratta di impresa legale e autorizzata: “nulla quaestio”. Ma il bigottismo e il falso perbenismo, quello no, non possiamo accettarlo.
Pensate se una mattina vi svegliaste ed uscendo da casa trovaste una città più pulita, il traffico più ordinato, i cassonetti composti e non stracolmi di immondizia e magari vedere qualche negozio che riapre l’attività. Saremmo meno indignati e, sicuramente, meno gratuitamente perbenisti.
di Gaetano Càfici. I tempi cambiano e cambiano anche i luoghi dove la stupidità della violenza si afferma. Panta Rei diceva Eraclito, ricordando a noi il senso di un concetto filosofico, oggi non troppo usuale, in cui tutto è un divenire delle cose che mutano. 

E forse sarebbe anche un bene per l’umanità se fosse così, ma non quando si assiste alla consacrazione di un rito tribale di arcaica memoria che trova, purtroppo, in Facebook (nuovo strumento di socializzazione di massa) la nuova Agorà dove consumare vere azioni da bulli in fasce o da adolescenti che si sentono offesi e privati dell’onore, a rischio della vita.
Dunque, cambiano soltanto gli spazi fisici dove sfogare i proprio istinti o postare le proprie noie, tanto per usare un termine moderno e non, invece, le vecchie abitudini di una società in cui il predominio dei “piccoli forti” si tramuta in teatro del dramma. Ciò è quello che è accaduto a Palermo, città forse in preda ormai ad un virus senza antidoto dove di “delitti giovanili” ne abbiamo piene le cronache. Il palcoscenico dove ha inizio la “recita” è quella porzione di web chiamato Facebook. Una banale conversazione che nei toni si accende sempre più e che vede partecipi due adolescenti palermitani. Nulla di che, se non quando all’improvviso quella cavalleria rusticana virtuale degenera, con conseguente appuntamento reale dei due contendenti per un definitivo chiarimento.
É qui che sì consuma la stupidità della violenza contro l’arte della parola: uno dei due giovani finisce in coma per un’emorragia cerebrale e l’aggressore viene invece fermato e denunciato. Voi direte, ma è sempre accaduto. Potrei concordare con il vostro pensiero senza alcuna reticenza. Ma non è così. Si può combattere per affermare l’onore ferito, ma mai superando il confine.
Io mi ricordo delle mie tante liti con i compagni di scuola per un “soffio” sbagliato delle figurine Panini. Che tempi. Si finiva sempre in abbracci indimenticabili. Avrei voluto portare per un attimo, in un’ideale macchina del tempo, i due ragazzi palermitani. E chissà, forse, questa triste storia sarebbe andata diversamente.
(di redazione). È la triste storia di un grande campione di calcio. Maurizio Schillaci, 51 anni, cugino del più noto Totò ed ex stella della Lazio negli anni ottanta. Dopo anni di successi e di gloria, Schillaci oggi vive a Palermo da barbone, dormendo per strada o nei vagoni dei treni fermi alla stazione.


Nato in uno dei quartieri popolari di Palermo, a 17 anni Schillaci fa il suo esordio con la maglia rosanero. Viene notato dal “visionario” e “estroso” allenatore Ceco, Zdeněk  Zeman, che lo vuole nel Licata e qualche anno dopo lo porta al Foggia. Quindi il passaggio alla Lazio. Ma è anche l’inizio dei suoi guai, proprio negli stessi anni in cui suo cugino Totò diventa famoso in tutto il mondo.“Tutti dicevano che ero più forte di mio cugino, può essere. Di sicuro io non ho avuto la sua fortuna. Sono passato dalle stelle alle stalle.  Le mie stagioni migliori le ho vissute in B con Zeman. Segnavo gol a ripetizione”.
 “Subito dopo è arrivata la Lazio. È stato il mio periodo di grazia. Vivevo nel lusso, ho cambiato 38 auto, ho giocato nello stadio dei sogni, l’Olimpico. Contratto da 500 milioni di lire dell’epoca per quattro anni, ma poi qualcosa non va più per il verso giusto. Arrivano i primi infortuni e lo stop. Vado in prestito a Messina, là trovo mio cugino Totò. Tutti i giornali parlavano di noi, io e lui facevamo a gara a chi segnava di più. Ma la mia carriera in realtà si spezza a Roma. Un infortunio mai curato che mi impedisce di esprimermi al meglio”.
 “Dopo l’infortunio scopro di aver un tendine bucato. A Messina si accorgono del problema, mi curano, ma la carriera è ormai volata via. Vado alla Juve Stabia, ma ormai ho 33 anni. E qui conosco la droga. La cocaina, poi l’eroina. Nel frattempo divorzio da mia moglie. Il mio declino è stato velocissimo e ora mi ritrovo per strada”.
 “Come si vive in strada mi chiedi? La prendo quasi a ridere, mi diverto, sdrammatizzo, cerco di farcela. Ma non riesco a trovare lavoro, dormo nei treni fermi alla stazione. Lo chiamano il cimitero dei treni. Ci sono altre persone con me, siamo un gruppo di 20 barboni. Passo le giornate pensando a racimolare qualcosa per mangiare e comprarmi le sigarette”.