Author

redazione

Browsing

La paura di possibili elezioni anticipate avrebbe portato Silvio Berlusconi a non osteggiare più un possibile patto di governo tra la Lega e il movimento cinquestelle. Sembra proprio che il vento sia cambiato a poche ore dalla decisione di Mattarella di formare il governo di “tregua”. Anche le parole di Di Maio fanno pensare che il lavoro dei “pontieri” sia stato proficuo, con l’obiettivo di chiudere la partita in tempi brevissimi.

Il designato premier grillino, come all’improvviso, sembra aver cambiato idea su Berlusconi, con un’affermazione che smentisce, di fatto,  quanto dichiarato da sempre: “Lui è il meno responsabile di questo stallo e non c’è alcun veto, la colpa è di altri”. E questi colpevoli avrebbero nomi e cognomi: Salvini, Renzi e Martina.

Tutto questo porterebbe ad un ragionamento semplice. Lo sdoganamento di Mr. B. da parte di Di Maio, consentirebbe un ammorbidimento dello stesso Berlusconi nei confronti dei grillini e, quindi, anche la possibilità di Forza Italia a votare un governo Lega-M5S. Il problema sarà, invece, sui temi che si affronteranno in parlamento ma anche qui l’escamotage è pronto: l’ex Cavaliere su alcuni provvedimenti potrebbe votare favorevolmente e su altri potrebbe astenersi o votare contro, non pregiudicando la tenuta della maggioranza.

A questo punto non resta che aspettare le 17 di oggi e vedere se Mattarella concederà ancora tempo o andrà dritto per lapropria strada, nominando il governo di “tregua”.

 

 

 

 

 

 

 

Con un discorso drammatico, perché non ha nascosto nulla della gravità senza precedenti della crisi in corso, Mattarella ha annunciato un suo governo a partiti dimostratisi incapaci di farne uno loro. Un governo «neutrale», «di servizio», composto da persone non ricandidabili, con scadenza comunque a dicembre; perché un governo in ogni caso serve, anche se si vuole tornare alle urne, perfino se si vuole votare, per la prima volta nella storia della Repubblica, in piena  estate.

Il problema è che M5S e Lega, cioè più della metà del Parlamento, hanno già risposto che voteranno contro questo governo, negandogli dunque la possibilità di fare ciò che sta a cuore al Presidente, e in verità dovrebbe stare a cuore a tutti: arrivare a dicembre per fermare l’aumento dell’Iva, evitare il rischio di una speculazione sui mercati contro un Paese troppo a lungo senza guida, contare qualcosa quando a giugno in Europa si deciderà su questioni cruciali come i
migranti. Avendo finora impedito che nascesse un esecutivo politico, ora i partiti possono impedire anche che ne nasca uno non politico.

Il potere di dare la fiducia appartiene a loro, dunque anche la responsabilità. Il risultato è che, come mai dal 1948, il nostro sistema parlamentare non si è rivelato in grado di dare un esito al voto popolare. La legislatura sta morendo
prima di nascere. E niente ci assicura, vista la legge elettorale e i suoi risultati, che la prossima volta sarà diversa. I due «vincitori» del primo turno ovviamente ci sperano, e già definiscono questo secondo turno elettorale un ballottaggio.

Ma la storia è piena di democrazie azzoppate dal ripetersi di elezioni inutili: i cittadini votano per avere un governo, non per il gusto dell’agonismo. Soprattutto quando il torneo appare così smaccatamente condizionato dalle ambizioni
personali dei leader, dalla fretta che hanno di vincere per non essere disarcionati, o dalla speranza di tornare in pista pur avendo perso.

Così lo scontro politico di questi due mesi si è trasformato, inevitabilmente, in una grave tensione istituzionale. Tra i partiti ha prevalso il giochino del pop corn. È una metafora più volte usata in questa crisi. Ogni volta che qualcuno voleva sfuggire alle sue responsabilità, se ne usciva dicendo: «Ora ci compriamo i pop corn e ci divertiamo». Il che stava a dire: voglio proprio vedere come se la sbrogliano gli altri. O anche: tanto peggio, tanto meglio per me, che almeno mi diverto (sottinteso: conquisto altri voti). Si sono divertiti tutti, pare; e adesso vogliono che il pop corn lo compriamo noi elettori e ci sediamo ad assistere al più straordinario degli spettacoli politici mai visti: la seconda campagna elettorale in sei mesi.

Questa propensione al gioco del cerino non è purtroppo tipica solo del nostro sistema politico: in troppi campi gli
italiani preferiscono che perda pure l’avversario, se non possono vincere loro. Ma in politica si gioca con il bene comune. E nessuno tra i protagonisti di questa crisi è esente da colpe. Né chi avendo preso molti voti aveva la responsabilità di accettare i compromessi inevitabili a far nascere un governo di coalizione. Né chi, avendo preso meno voti, ha pensato solo a mettersi di traverso per dimostrare che gli elettori si erano sbagliati. La crisi si è così trasformata in un minuetto: ciascuno dei tre schieramenti maggiori mancava dei parlamentari necessari per fare un governo, ma nessuno dei tre è riuscito ad allearsi con un altro per ottenerli.

Lo scambio di accuse finali ha il solo scopo di prendere la posizione migliore per la griglia di partenza del nuovo gran premio elettorale. Così ora non ci resta che scoprire se si voterà a luglio, addirittura l’otto, la data che con una certa presunzione Di Maio e Salvini hanno ieri indicato a Mattarella, unico titolato in materia; oppure a fine luglio, visto che prima è difficile anche tecnicamente, quando cioè alcuni milioni di italiani saranno in meritate vacanze; o in autunno, come Berlusconi preferirebbe, distinguendosi in questo da Salvini. Fino a dicembre, come vorrebbe Mattarella, nelle  attuali condizioni non pare possibile arrivarci. Il suo invito alla responsabilità per il momento non è stato accolto. C’è ancora qualche ora per ripensarci. Ma la legge di Murphy dice che se una cosa può andare male, andrà male. E questa legislatura è finora andata così male da far disperare che si possa riprendere in articulo mortis.

(Antonio Polito, Corriere della Sera)

L’Italia verso un Governo “neutrale”, cioè un esecutivo tecnico per dirla papale papale. Lo ha annunciato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, riservandosi di anticipare i nomi che, però, sono stati svelati dal Corriere della Sera.

“Chi guiderà il «governo di servizio» evocato dal capo dello Stato (con una previsione di 12 ministri oltre il premier)
potrebbe avere infatti le settimane contate se — come d’altronde hanno annunciato molti leader politici — il nuovo
esecutivo non otterrà la fiducia in Parlamento e, dunque, avrà il fiato corto che si potrebbe esaurire del tutto già a luglio con le elezioni super anticipate. «Non è facile individuare i profili giusti anche perché si chiede di lasciare professioni e incarichi per un periodo indeterminato di tempo», è la frase che si è sentita ripetere per tutta la giornata delle consultazioni anche da fonti del Quirinale. Poi sono arrivati altri paletti piantati da Mattarella: «Ai componenti del governo di garanzia chiederò l’impegno di non candidarsi alle elezioni».

Aggiunge Dino Martirano che “Inoltre premier e ministri dell’«esecutivo di servizio» dovrebbero «dimettersi con immediatezza per lasciare campo libero a un governo politico laddove si formasse una maggioranza parlamentare». Così sulla scrivania del presidente sono passati in questi giorni molti curriculum: pochi burocrati di Stato, parecchi
profili di donne impegnate in vari settori, professionisti del mondo delle imprese e delle startup e anche nomi imprevedibili per un accademico di lungo corso come Mattarella.Tra i nomi che ritornano in questa caccia al civil servant c’è quello di Elisabetta Belloni, segretario generale della Farnesina con una lunghissima esperienza alle spalle, che non dovrebbe essere sgradita al mondo dei 5 Stelle anche se agli Esteri ha saputo resistere con nervi saldi pure dopo le molte nomine decise da Matteo Renzi e da Angelino Alfano: il nome della Belloni, dunque, potrebbe essere giocato dal Quirinale non solo per la casella degli Esteri ma anche per quella di Palazzo Chigi”.

” Altro profilo ricorrente  svela il CorSera – per la casella del premier è quello dell’economista Carlo Cottarelli, che dirige l’Osservatorio sui conti pubblici e che nel 2013 approdò in area di governo con Enrico Letta, come commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica, per poi mollare quando arrivò Renzi. La giudice costituzionale
Marta Cartabia, nominata da Giorgio Napolitano nel 2011 e attuale numero due della Corte con la prospettiva di arrivare ai vertici della Consulta, è molto apprezzata dal presidente Mattarella che l’avrebbe incontrata anche di recente. Il suo mandato di nove anni scade nel 2020″.

“Nella rosa del totonomi per il governo del presidente rimane stabile quello del giudice Alessandro Pajno (presidente
in carica del Consiglio di Stato e vecchio conoscente di Sergio Mattarella) mentre guadagna posizioni l’economista
Lucrezia Reichlin, docente alla London Business School. E tra i profili delle personalità del mondo economico all’esame del Quirinale emerge anche quello dell’ex rettore dell’Università Bocconi Guido Tabellini. Ma l’elenco con i nomi dei possibili premier e dei possibili ministri si arricchisce anche di new entry. Il direttore generale della Banca d’Italia Salvatore Rossi (classe 1949) conosce alla perfezione il mondo delle banche tanto da poter sostituire il governatore
dell’Istituto di via Nazionale in caso di assenza o di impedimento. Dario Scannapieco, uno dei «Ciampi boys» oggi vicepresidente della Banca europea degli investimenti (Bei), arricchisce poi la lista del Quirinale per un governo che, ha ricordato Mattarella, «abbia titolo pieno per rappresentare l’Italia nelle imminenti e importanti scadenze nella Unione Europea». Entro due giorni il presidente Mattarella scoprirà le sue carte, che potrebbero comunque riservare sorprese”.

Dei quasi 30 milioni destinati ai servizi per strada dei vigili urbani di Palermo, ne avevamo parlato proprio su BloggandoSicilia, non c’è ancora traccia.  A quanto pare il capo di gabinetto del sindaco Orlando, come confermato dalla consigliera comunale dell’Udc, Sabrina Figuccia“avrebbe chiaramente ammesso che anche per il 2017 il Comune non ritiene che ci saranno gli elementi per erogare le somme previste”. Siamo alla “seconda puntata” di quella che sta diventando una “situation commedy”.

“Quindi se da una parte l’avvocatura del Comune ha voluto legittimamente mantenere l’assoluto riserbo sulla propria strategia difensiva, in merito alla vertenza che alcuni lavoratori hanno ritenuto di voler avviare – dice la consigliera Figuccia – i massimi vertici dell’amministrazione comunale dicono altra cosa”.

“A queste somme – continua l’esponente dell’Udc a Sala delle Lapidi – dovremo aggiungere anche il 2016 con altri 9 milioni di euro. Un vero e proprio caos per il quale occorre individuare responsabilità per il passato e soluzioni concrete per il futuro”.

E interviene, anche, il sindacato Ugl che, attraverso il proprio responsabile, Daniele Galici, parla di un esposto che verrà presentato alla Procura della Repubblica e alla Corte dei conti. “Abbiamo già predisposto un atto che ci aiuti ad accertare l’eventuale presenza di condotte che possano essere contrarie alla legge, valutando profili di illiceità penale o contabile e nel caso individuando i possibili soggetti responsabili”.

La vicenda, quindi, si complica e rischia di vedere il Comune soccombere per una cifra che, come abbiamo detto, si aggirerebbe intorno ai 30 milioni di euro. Tutto questo, in una condizione di precarietà finanziaria delle casse di Palazzo delle Aquile. E proprio in questi giorni si era parlato di “fallimento del Comune” e di richiesta di predissesto”. Allarmismo tattico dell’opposizione o reale pericolo? Non ci resta che aspettare la terza puntata.

Guardano già al mese di agosto e hanno “staccato” un biglietto d’aereo per Buenos Aires, anzi è questo il premio che è stato consegnato ieri sera alla coppia lombarda formata da Marco Pasini e Mariana Alessandra Bettariga (Tango Escenario) e ai toscani Riccardo Pagni e Giulia del Porro (Tango de pista) che hanno vinto il Festival y Campionato di Tango, preliminare ufficiale ai Mondiali argentini, che si è svolto nel capoluogo siciliano e nell’ambito di Palermo capitale Italiana della Cultura. I campioni italiani sfideranno i tangueri di tutto il mondo, entrando di diritto alle semifinali, dal 9 al 22 agosto a Buenos Aires; inoltre gareggeranno anche ai Campionati europei di Cervia, in luglio.

Per la categoria Tango Escenario (la più scenografica), Alessandro Cavallaro e Mariella Monaco (Lazio) sono arrivati al secondo posto, Pierpaolo Pellegrini e Anna Maria Paradiso (Puglia) al terzo. La coppia Cavallaro-Monaco ha anche guadagnato il terzo posto nella categoria Tango de Pista, mentre la coppia seconda classificata è formata dagli emiliani Massimo Giarola e Michela Conti.

Un’inedita proposta di matrimonio. Non hanno vinto, ma la loro felicità è forse anche più palpabile: Stefano Arioli ha scelto questo momento per chiedere alla sua compagna di vita e di ballo, Chiara Luisi, di convolare a giuste nozze. Tutto come da copione in ogni proposta di matrimonio che si rispetti: tanguero inginocchiato e anello di brillanti d’ordinanza, tra gli applausi di centinaia di ballerini presenti. Ovviamente Chiara ha detto sì. Lasciando di lato passi e figure, per stringersi in un abraço ancora più entusiasmante.

Palermo ha dunque ospitato le selezioni preliminari ufficiali per l’Italia, le gare che hanno decretato i nomi dei campioni che partono per l’Argentina, scelti da una giuria eccezionale che ha riunito i maggiori campioni mondiali. A Palermo sono giunti infatti la campionessa del mondo Maria Ines Bogado, con il maestro e coreografo Roberto Zuccarino, il Campione del Mondo Gaspar Godoy con l’uruguayana Carla Mazzolini, il vice campione del mondo, nonché tris campione metropolitano Fernando Carrasco, con Carolina Giannini. E molte altre coppie, invitate da Barbara Cicero che, con la sua associazione sportiva European Tango, è l’unica riconosciuta dal Ministerio de Cultura del Gobierno de la Ciudad de Buenos Aires per l’organizzazione sul territorio italiano. Presenti a Palermo anche Gioia Abballe y Simone Facchini, di Sora (Frosinone) che l’anno scorso hanno guadagnato il titolo di vice campioni del mondo; e i cubani (ma residenti a Milano), e campioni italiani 2016, Julio Alvarez y Yailet Suarez.

Cosa sta succedendo nella Lega in Sicilia? La nomina di Stefano Candiani, come commissario del partito, ha scombussolato tutti gli equilibri interni al movimento di Salvini.

I “nemici” di un tempo sono diventati alleati per far fronte comune contro “l’ingerenza” di Tony Rizzotto, unico eletto nel partito alle regionali e rappresentante leghista a Palazzo dei Normanni. E così Alessandro Pagano, rieletto recentemente alla Camera, e Angelo Attaguile, ex senatore trombato alle recenti consultazioni, hanno stretto una sorta di tregua contro “l’invasore” palermitano Rizzotto, dipendente comunale, avvicinatosi molto (moltissimo per essere precisi) al “normalizzatore” Candiani.

Se prima la Lega in Sicilia era “cosa” di Pagano in Sicilia occidentale e di Attaguile nella parte orientale, ora è tutto in discussione. Prova ne sia che Candiani è stato accompagnato proprio dal deputato regionale nell’incontro con il presidente della Regione, Nello Musumeci. Tema del faccia a faccia: il probabile ingresso di un leghista, cioè proprio di Rizzotto che aspira al ruolo di assessore. “Ho apprezzato la considerazione del presidente Musumeci per la Lega e per la politica concreta e coerente di Matteo Salvini, che anche per la Sicilia rappresenta una svolta positiva”, ha detto Candiani. Dunque la strada per un ipotesi di accordo è stata aperta.

Pagano e Attaguile ci avevano tentato subito dopo le regionali ma Musumeci aveva risposto picche: da qui il dietrofront “in attesa di sviluppi” del duo di reggenti. Adesso che lo scenario nazionale è cambiato, anche il buon Nello si è ammorbidito e si parla anche con i Salvinini. Con Candiani appunto, ma anche con Tony Rizzotto. Pagano e Attaguile, un tempo plenipotenziari del rapporto con il leader, sembrano in secondo piano. Avranno pesato gli strascichi giudiziari della vicenda in cui è coinvoltl l’ex candidato Salvino Caputo e il fratello? Per questo motivo Salvini ha mandato un suo uomo? Per fare chiarezza e rimettere tutti in riga? Solo questo? Anche Rizzotto è stato sfiorato da un’inchiesta per appropriazione indebita ma, al momento, il “vincitore” dello scontro interno alla Lega sembra proprio lui. Tanto da rimbrottare pubblicamente Pagano: “Nei giorni scorsi l’onorevole Alessandro Pagano, deputato nazionale della Lega per Salvini premier, nell’ambito di una riunione organizzata per ringraziare gli elettori, ha proceduto alla proclamazione di sé stesso quale segretario regionale del partito, nominando nel contempo il segretario provinciale e i quadri dirigenti in provincia di Palermo. Non risulta che qualcuno abbia mai proceduto ad assegnare, a chicchessia, incarichi di coordinamento territoriali, nel partito di Matteo Salvini nella sua nuova organizzazione”, le parole di Rizzotto che sconfessano la linea politica fin qui seguita. Quali saranno le prossime mosse?

“Io mi stupisco di un politico fine come Gianfranco Miccichè, che dovrebbe ascoltare il sentire dei siciliani e al di là del giusto o sbagliato, non lo fa. In nessuna regione d’Italia succede che ci sia un numero spropositato di portaborse”.

A parlare è Daniela Santanchè (Fdi) che intervenendo al programma “Non è l’Arena” di Giletti su La7, si è scagliata contro il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè. Il tema è quello dei portaborse dell’Assemblea regionale siciliana che, nelle scorse settimane, aveva creato un caso politico, poi finito anche alla corte dei conti. All’inizio di questa legislatura l’Ars aveva messo a disposizione di ogni onorevole la somma di 58 mila euro da utilizzare per spese di consulenza e, quindi, anche per i portaborse. Da lì la polemica era stata servita.

“Per me politico, vedere questi dati mi fa capire – ha detto la Santanchè nel corso del programma – perchè gli italiani non hanno più fiducia nella politica e non vanno più a votare”.

Da mesi si sta occupando di flat-tax e reddito di cittadinanza. Lui si definisce bi-partisan e a disposizione di chiunque, nell’arco politico, abbia interesse al confronto su temi tecnici anche se, ultimamente, sembra sia stato piu’ ascoltato da Matteo Salvini e anche da Beppe Grillo, che sul suo blog ha pubblicato diversi suoi interventi. Il professore Michele Geraci, 50 anni, da dieci vive in Cina, ex banchiere d’affari della City, è un economista internazionale, nato a Palermo, dove si è laureato in Ingegneria elettronica.

È lui che sta facendo l’analisi economico e finanziaria su flat-tax e reddito di cittadinanza per mettere d’accordo almeno su due punti strategici Matteo Salvini e Luigi Di Maio, che oggi dovranno salire nuovamente al Quirinale, per le consultazioni del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Geraci, allievo del professore Franco Modigliani al Massachusetts Institute of Technology dove ha conseguito il master in business administration, è oggi a capo del programma di ricerca sull’economia della Cina del Global Policy Institute di Londra e della Nottingham University di Ningbo in Cina, nonché’ Adjuct Professor alla prestigiosa New York University a Shanghai. E proprio sul ‘fattore Cina’ si basa l’analisi dello studioso.

“L’Italia e l’Europa – afferma l’economista – hanno ben poche speranze di competere con la Cina che produce il 50% di tutto cio’ che si consuma al mondo. La nostra unica possibilità è legata alla valorizzazione delle nostre competenze sostenibili, quali arte, pensiero, cultura, storia così come è stato nel Rinascimento. Per far cio’, bisogna dare libertà a queste forze creative e liberare l’individuo dall’assillo dello stipendio come mezzo di sostentamento, perché un sistema produttivo che spinge tutti i giovani a studiare solo finanza, ingegneria ed altri mestieri utili ci porta in quell’imbuto competitivo dove la Cina ci schiaccerà”

“In questo contesto – sottolinea Geraci – la discussione sull’opportunità dell’introduzione o meno del reddito di cittadinanza in Italia richiede un’analisi approfondita, libera da pregiudizi. L’Italia potrebbe essere il Paese che, più di altri in Europa, ne beneficerebbe, trasformando queste sfide in opportunità. Da un punto di vista politico, il reddito di cittadinanza contiene vari elementi che lo rendono appetibile anche alla Lega, poi si puo’ anche cambiare il nome e decidere a chi si puo’ dare e a chi no”.

Secondo Geraci, anche Salvini potrebbe accettare e sostenere il reddito di cittadinanza, che deve camminare a braccetto con la flat-tax, per diversi motivi. “Ha una valenza nazionalistica e sovranista in quanto solo i cittadini italiani possono avvantaggiarsene con divieto assoluto di rimesse all’estero da parte di chiunque; rivaluta il nostro patrimonio nazionale; alza i redditi minimi in modo che la concorrenza al ribasso dei migranti trovi meno spazi; rende la flat-tax ancora di piu’ progressiva nella pratica, migliora la sicurezza per le strade e la criminalità spicciola e puo’ essere usato come pretesto per migliorare i sistemi di controllo dei redditi dei cittadini, dell’evasione, e della certezza delle pene che sono i pilastri della proposta della Lega”, ha concluso Geraci.

Non c’e ombra di dubbio che i risultati delle elezioni regionali in Molise e Friuli Venezia Giulia e lo stallo sul governo hanno influenzato l’orientamento del corpo elettorale. E dall’ultimo sondaggio di Nando Pagnoncelli, commissionato dal Corsera, questa indicazione emerge chiaramente.

La Lega che sale al 21 per cento, Salvini leader più gradito, il M5S che si conferma primo partito al 33,7 per cento e il partito democratico che scende ancora, perdendo l’1,2 per cento.

Pagnoncelli evidenzia come gli orientamenti del voto facciano segnare due variazioni di rilievo: crescita della Lega che passa dal 19,5% di due settimane fa al 21,2% (+1,7%) e calo del Pd dal 19,5% al 18,3% (-1,2%).

Al primo posto si conferma il M5S con il 33,7% (+0,2%), seguito da Lega e Pd, quindi Forza Italia con il 13,1% (+0,2%), Fratelli d’Italia (3,6%, in calo di 0,7%), Liberi e Uguali (2,8%) e Più Europa (2,2%).

Il quadro complessivo è rappresentativo del voto che gli italiani hanno espresso il 4 marzo scorso: il centrodestra è la prima coalizione e sfiora il 39% dei consensi, avvicinandosi alla soglia del 40% che potrebbe garantire la maggioranza, i pentastellati consolidano il loro primato, il centrosinistra arretra di 1,4%, mentre i partiti più piccoli perdono, forse penalizzati da una minore visibilità mediatica.

“L’indice di gradimento dei leader, dice Pagnoncelli spiegando il sondaggio fa registrare un cambiamento nelle posizioni del podio, infatti mentre in aprile Di Maio (indice 45) precedeva Salvini (43) e Gentiloni (41), oggi Salvini (44) prevale su Gentiloni (43) e Di Maio (37), scivolato al terzo posto con un calo di 8 punti. A seguire Fico (35, in calo di 4 punti), Meloni (29), Casellati (24, in crescita di 5 punti dopo la ribalta del mandato esplorativo), Berlusconi (23) e Martina (21). Chiudono la graduatoria Renzi (15) e Grasso (14), entrambi in flessione.

Non resta che aspettare i numeri reali, quelli delle urne, in considerazione che le elezioni anticipate prendono sempre più quota, assieme al ritorno di due dei temi cari a leghisti e grillini: quelli di no euro e no migranti. E non dimentichiamo sempre e, comunque, di non prendere troppo sul serio i sondaggi.

 

 

La Smart del capogruppo del Movimento 5 stelle a Sala delle Lapidi ed ex candidato a sindaco Ugo Forello pizzicata in più di un’occasione in zona rimozione. Ma, secondo i grillini, è un complotto contro le denunce del movimento. L’episodio è stato segnalato in via Genova, nei pressi di via Roma e di Palazzo delle Aquile.

Secondo il Giornale di Sicilia “l’auto del consigliere grillino, che di solito si muove in bicicletta, espone sul cruscotto il
pass rilasciato dal Comune, sul quale c’è scritto che i consiglieri con il tagliando «sono autorizzati al transito nelle corsie di riservate e la sosta è prevista anche davanti agli uffici comunali e nelle zone a tariffazione oraria esclusivamente per motivi di servizio legati alla carica istituzionale». Il pass, però, non è bastato a Forello per evitare
una multa, dato che la vettura, intestata alla società di cui è socio di maggioranza, è stata posteggiata all’interno delle strisce gialle con divieto di sosta e rimozione forzata 24 ore su 24 in una zona di pertinenza del commissariato di polizia Oreto.

Lo staff di comunicazione del Movimento 5 stelle non ci sta, definisce “l’episodio eccezionale” ma grida allo scandalo per una presunta ritorsione comunale. “In relazione alle foto della Smart – scrivono dall’ufficio stampa di Forello – è davvero singolare che il giorno in cui il Movimento 5 stelle chiede il pre-dissesto finanziario del Comune per lo stato disastroso dei bilanci, qualche “amico del sindaco” provi ad attaccare il consigliere su un episodio così assurdo e  comunque eccezionale, anche in considerazione del fatto che è cosa nota che il principale mezzo di locomozione
del consigliere Forello sia la bicicletta”. Verità o scuse risibili per una semplice infrazione? Ai lettori le considerazioni.

Intanto, però, arriva una buona notizia per gli imputati nel processo alle firme false per le Comunali del 2012 in cui sono coinvolti 14 ex deputati grllini, attivisti e un cancelliere del Tribunale. Il giudizio, infatti, potrebbe fermarsi e concludersi con un nulla di fatto causa prescrizione.

“La prescrizione – scrive Riccardo Arena del Gds – decorrerà a ottobre 2019 o poco più avanti, ma il processo per le firme false a sostegno della lista del M5S, presentata alle elezioni amministrative di Palermo del 2012, rischia di dovere ripartire da zero: cambia il giudice e se uno solo dei 14 imputati negherà il consenso alla «rinnovazione degli atti» si dovrà ripetere tutto quello che era già stato fatto, dal 2 novembre scorso a ora; risentire i «verbalizzanti », i testimoni, i consulenti. Cosa che inevitabilmente allungherebbe i tempi del giudizio e metterebbe in serio pericolo la definizione nel merito del dibattimento di primo grado”.