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Sfruttare al meglio i quasi cinque miliardi che arriveranno dal piano europeo del Recovery per la Cultura puntando, soprattutto, sulla digitalizzazione e sullo sviluppo delle piattaforme web, per consentire a tutti di fruire dell’immenso patrimonio artistico italiano ma anche una maggiore integrazione tra le risorse messe in campo dalle amministrazioni pubbliche e gli interventi dei privati che possono offrire un valore aggiunto alla ripartenza di un settore che ha risentito fortemente delle difficoltà provocate dalla pandemia.

Un’impostazione che ha visto d’accordo i politici e le personalità del mondo religioso e della cultura che hanno partecipato ad “Agorà della Cultura”, l’evento promosso dall’associazione Amici dei Musei Siciliani con il patrocinio gratuito della Regione Siciliana e dell’Anica, organizzato da View Point Strategy al complesso monumentale di San Domenico di Palermo.

“Il Pnrr è una grande sfida ed è necessario investire nella cultura che in Italia produce il 15 per cento del Pil. Il nostro obiettivo è di garantire una migliore fruibilità e accessibilità per i nostri siti ma anche di destinare una parte di questi investimenti ai teatri, al mondo del cinema e dell’audiovisivo e ai musei, oltre che calibrare gli interventi a favore della Sicilia e degli altri territori”, ha detto Vito D’Adamo, capo della segreteria particolare del Sottosegretario ai Beni Culturali, Lucia Borgonzoni, intervenuto in audio all’inizio del convegno.

Il presidente degli Amici dei Musei Siciliani Bernardo Tortorici, ha raccontato la sua esperienza e di come la cultura è ripartita nonostante l’emergenza sanitaria: “Abbiamo organizzato la seconda edizione di Restart, una manifestazione che ha aperto i siti culturali più importanti di Palermo, dimostrando che si può ricominciare anche se nel 2020 la contrazione generale dei consumi culturali è stata del 50 per cento”.

Un altro tema è stato quello dell’innovazione digitale, ormai indispensabile per consentire a tutti – da casa propria e da ogni parte del mondo – di visitare i musei, i monumenti e di ammirare le opere d’arte più importanti con un semplice click. “Negli ultimi cinque anni abbiamo investito molto in questo settore – ha spiegato Salvatore Turrisi, presidente e amministratore dell’azienda siciliana di telecomunicazioni Sielte – il lockdown ha costretto tanti cittadini ad utilizzare le piattaforme sul web e abbiamo capito si possono fornire servizi, come ad esempio il tour virtuale dei musei o la didattica a distanza utilizzata nelle scuole. La rete ha retto ma adesso bisogna pianificare il futuro addestrando tutti a usare l’online e migliorando le infrastrutture”.

Particolarmente interessante la tavola rotonda “Cultura e Turismo: binomio per rilanciare il Paese”, moderata dal giornalista Pietrangelo Buttafuoco, a cui hanno preso parte l’assessore regionale ai Beni Culturali della Sicilia, Alberto Samonà, Giorgia Latini (Marche), Paola Agabiti (Umbria), Stefano Bruno Galli (Lombardia) e Umberto Croppi, direttore generale di Federculture ed ex assessore alla Cultura del Comune di Roma e il critico d’arte Vittorio Sgarbi con il suo punto di vista controcorrente sulla Sicilia e con l’invito a ricostruire il tempio G di Selinunte: “Avevo proposto un cantiere internazionale per far rinascere il tempio G: purtroppo la Sicilia ha tantissimi tesori ma non riesce a comunicarli, è un gap che si deve superare per competere con altri Paesi che magari hanno meno da offrire ma che riescono sempre a far parlare di loro”.

L’assessore Samonà durante il confronto con i colleghi delle altre regioni ha sostenuto che “cultura e business non sono in contraddizione, a patto che l’offerta culturale parta dall’affermazione della nostra Identità: è giusto investire nelle dinamiche digitali ma spingiamo affinché le visite avvengano in presenza”. Nelle Marche l’assessore Latini ha annunciato “la prossima candidatura all’Unesco per il grande numero di teatri presenti nel nostro territorio” mentre l’assessore Agabiti ha spiegato che “l’offerta culturale dell’Umbria propone grandi eventi, la valorizzazione dei piccoli borghi e dei paesaggi naturalisti”. In Lombardia il 41 per cento degli investimenti “arriva da istituzioni private – ha puntualizzato l’assessore Galli – crediamo molto nelle imprese culturali creative che contano già 365mila operatori”. Per il presidente di Federculture e della Quadriennale d’Arte di Roma “il mondo della cultura ha bisogno di capacità manageriali – ha detto Croppi – e della formazione delle risorse umane, fattori che poi contribuiscono al ritorno economico”.

La giornata è stata aperta dal docente dell’Università Lumsa, Don Gianni Fusco, che ha introdotto i lavori parlando del concetto di bellezza e della sua relazione con le varie religioni mentre la chiusura della prima parte è stata affidata alla lectio magistralis di Giuseppe Savagnone, direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale della cultura di Palermo.

Franco Bechis, direttore del Tempo, fa un’analisi a 360 gradi della mossa di Beppe Grillo, che ieri ha di fatto licenziato l’avvocato del popolo ed ex premier, Giuseppe Conte.

“Il colpo di testa di Beppe Grillo non colpisce solo il Movimento 5 stelle e le bimbe forse inconsolabili di Giuseppe Conte. Mette nei guai Enrico Letta e il suo Pd, e può cambiare anche la navigazione di Mario Draghi, agitando non poco le acque nei prossimi mesi. Il segretario del Pd aveva infatti giocato gran parte della sua scommessa sull’alleanza non tanto con i 5 stelle, ma con l’ex premier che pensava li avrebbe guidati. Letta non si è chiesto quale mandato avesse Conte  per chiudere con lui le possibili alleanze elettorali a Napoli e in Calabria (anche a Bologna, ma lì è stato decisivo Massimo Bugani), e ora rischia di trovarsi con un pugno di mosche. Conte non aveva infatti alcun mandato, non essendo nemmeno iscritto al M5s, e con la mossa di Grillo ora anche quegli accordi scricchiolano e non hanno fondamento politico certo. Vero che su Napoli c’è anche la firma di Luigi Di Maio, che però ha seguito Conte pensandolo come il nuovo leader e non ha voluto ostacolarlo davvero. Ma c’è un altro terremoto alle porte, perché liquidando Conte ora Grillo ha messo in moto la procedura per la nomina di un nuovo direttorio come ai vecchi tempi, che è una soluzione certo organizzativa ma non politica. Ed è invece di spazio e azione che ha bisogno il fondatore del movimento per fare digerire a militanti ed eletti questa clamorosa rottura che non andrà giù a gran parte di loro con un semplice alka-seltzer. E lo spazio non c’è finché sono tutti murati all’interno della maggioranza di unità nazionale che accompagna il governo Draghi”.

“Dovessi fare una scommessa oggi – continua Bechis – punterei le mie fiches su un Papeete bis di inizio agosto, questa volta con Grillo a preparare il mojito: per assorbire il contraccolpo di questa rottura e ridare una rotta al suo movimento, è probabile che dopo il divorzio da Conte sia necessario aggiungere quello da Draghi. Una mossa che in un momento sicuramente delicato per il M5s ricompatterebbe le sue varie anime e anche buona parte dei sostenitori, chiudendo la lunga parentesi governista. Ne soffrirebbe sicuramente qualcuno (di sicuro Luigi Di Maio), ma si riaprirebbero le porte per Alessandro Di Battista e per tutti i parlamentari (fra cui Nicola Morra e Barbara Lezzi) che si sono messi fuori non votando la fiducia all’esecutivo Draghi. Non lasciare sola Giorgia Meloni all’opposizione potrebbe dare anche qualche vantaggio nei sondaggi, in attesa delle mosse di Conte, ma soprattutto farebbe riaffiorare le radici anti-sistema del movimento, che nessuno solo qualche tempo fa avrebbe mai immaginato sorreggere un esecutivo guidato da uno con la storia di Draghi. Senza i grillini il governo andrebbe avanti lo stesso – e in ogni caso – la rottura avverrebbe dopo il 3 agosto, durante il semestre bianco che impedisce elezioni. Sulla carta potrebbe contare su almeno 384 voti alla Camera e su 191 al Senato, numeri di cui non hanno potuto godere i governi degli ultimi dieci anni, e quindi la navigazione non sarebbe a rischio. Ma in entrambe le Camere l’azionista di maggioranza sarebbe il centrodestra di governo, che ne avrebbe circa due terzi e quindi sarebbe in grado di imporre a Draghi l’agenda politica”.

Fonte foto (Ansa e Il Fatto Quotidiano)

E’ un quadro che conferma il trend in discesa della Lega, malgrado il partito di Salvini sia ancorato al primo posto ma tallonato dal Pd e da Fdi. Questo ci dice il sondaggio Ipsos di Nando Pagnoncelli, commissionato per il Corriere.it.

I numeri. La Lega con il 20,1% precede il Pd (19,7%) e FdI (19,4%). Il partito di Salvini è stimato in calo di oltre 2 punti rispetto a maggio e tocca il punto più basso dall’inizio della legislatura, ma effettua il controsorpasso sul Pd rispetto al sondaggio di due settimane fa, con buona pace di coloro che avevano gridato allo scandalo. A seguire si collocano il M5S (16,5%) e FI (7,9%). Nelle retrovie le variazioni risultano di pochi decimali e l’area del non voto e dell’indecisione si mantiene al di sopra del 40%. I tre partiti di centrodestra nell’insieme mantengono un consistente vantaggio sul centrosinistra (47,4% a 31,2%) nonché sull’ex maggioranza giallorossa (con l’esclusione di Italia viva) che si attesterebbe al 39,9%.

Gradimento politici. Il primo posto spetta a Giuseppe Conte (indice 49, in calo di 2 punti) che precede Giorgia Meloni (40, in aumento di 3) e Roberto Speranza (stabile a 38). Il progressivo avvicinamento dell’ex premier alla guida del M5S determina l’effetto contrapposto di una flessione del suo apprezzamento personale (dal profilo istituzionale assume quello di capo di una forza politica) e del contemporaneo un aumento del consenso per il M5S. Indubbiamente le tensione tra Grillo e Conte di questi giorni, potrebbero avere riflessi sulla popolarità di entrambi. Giorgia Meloni beneficia della scelta di fare un’opposizione non aggressiva ma dialogante, basti pensare al recente cordiale incontro con il presidente Draghi. Speranza viene apprezzato più in qualità di ministro della Salute che di leader di Art.1.

Nel sondaggio è stato rilevato anche il gradimento dei cosiddetti ministri “politici”, conosciuti da almeno la metà degli italianiFranceschini (indice 32) e Giorgetti (31) risultano i più apprezzati. Infine, le valutazioni sull’esecutivo e il premier che fanno segnare valori ancor più elevati rispetto a quelli registrati all’insediamento, quando solitamente si ottiene il consenso maggiore: oggi l’indice di gradimento dell’operato del governo si attesta a 69 e quello del presidente Draghi sale a 71, entrambi in crescita di 5 rispetto a maggio. Oltre a un clima sociale più positivo, a seguito del procedere della campagna vaccinale e della riapertura della maggior parte delle attività, vale la pena sottolineare due aspetti che determinano la crescita del consenso: il primo riguarda il riconoscimento internazionale dell’autorevolezza del premier che si riverbera sull’immagine del nostro Paese; il secondo fa riferimento allo stile comunicativo del presidente Draghi: è uno stile essenziale, asciutto ma autorevole, molto chiaro e diretto anche su temi che non riguardano direttamente l’attività del governo, come è avvenuto in settimana con l’intervento in Senato sul disegno di legge Zan in risposta a quanto chiesto dal Vaticano.

Una situazione, quella che coinvolge un comparto ormai al collasso da mesi, che vede gli apicoltori stremati, ma soprattutto indignati dall’assordante e vergognoso silenzio delle istituzioni. Nelle scorse settimane era stato chiesto, a viva voce, alla Regione siciliana lo stato di calamità naturale, ma senza alcuna risposta.

Unicoop Sicilia e le aziende siciliane produttrici del miele di zagara, si riuniscono oggi in assemblea, che si terrà a Zafferana Etnea in provincia di Catania, per discutere della grave crisi del settore che ha subìto un vistoso calo della produzione della filiera. Inoltre, è stato proclamato lo stato di agitazione di tutto il settore.

L’assemblea dovrà decidere le modalità della protesta e le azioni da intraprendere sul territorio. Si procederà anche alla stesura di un documento condiviso che conterrà le richieste dei produttori da presentare al governo regionale.

“Questo incontro è stato fortemente voluto da Unicoop Sicilia, per portare alla luce la crisi di un settore, come quello della filiera agricola che, altrimenti, rischiava di rimanere nel limbo e scivolare, inevitabilmente, nel dimenticatoio. Siamo e saremo al fianco dei produttori in questa battaglia – spiega Felice Coppolino, presidente regionale di Unicoop Sicilia – e saremo solidali con le loro eventuali scelte di forte e decisa protesta, ma rimanendo sempre nell’alveo del confronto democratico e non violento. È inaccettabile e intollerabile il silenzio delle istituzioni”.

“È una lotta contro il tempo affinché si possano prendere i dovuti provvedimenti di ordine normativo e finanziario per salvare un comparto che rischia di non risollevarsi più”. Ad affermarlo è Maurizio Ialuna, responsabile regionale del Dipartimento agricoltura di Unicoop Sicilia.

“Per colpa di negligenze altrui – dice, invece, Eleonora Contarino, vice presidente regionale di Unicoop Sicilia – migliaia di aziende siciliane rischiano di chiudere in un settore che dà lavoro a tantissime persone, che contribuiscono alla produzione del miele siciliano ritenuto uno dei migliori prodotti al mondo e fiore all’occhiello della nostra tradizione e delle nostre radici”.

E’ un Musumeci che attacca a muso duro l’Europa, colpevole di avere un atteggiamento da scaricabarile nei confronti di un opera, come quella sullo Stretto di Messina, che reputa fondamentale per la Sicilia e per l’Italia.

“Verrebbe da dire: ma di cosa stiamo discutendo? Cosa aspetta, ancora, il governo centrale a chiedere all’Ue il finanziamento per la costruzione del Ponte sullo Stretto?”. A chiederlo è il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, commentando la risposta ufficiale della commissaria europea ai Trasporti, Adina-Ioana Vălean, a una interrogazione posta da un’eurodeputata siciliana della Lega, sull’ipotesi di collegamento tra la Sicilia e Calabria.

Per l’esponente dell’esecutivo, guidato da Ursula von der Leyen, infatti, “la valutazione di un progetto sulla rete Ten-T può essere effettuata solo sulla base di una proposta concreta e matura dello Stato membro. Le autorità italiane – continua il commissario europeo – non hanno presentato alla Commissione piani concreti in merito a tale collegamento. La scelta dello strumento di finanziamento per un determinato progetto dovrebbe essere decisa dall’Italia, in funzione della natura del progetto e della sua sostenibilità finanziaria”. 

“Sicilia e Calabria – afferma duramente Musumeci – sono stanche di essere considerate periferia d’Europa e per diventare centrali nell’area del Mediterraneo uno dei requisiti essenziali è il collegamento stabile tra le due sponde. Diciamo basta a un dibattito ultrasecolare, fatto di relazioni e contro relazioni, con il solito obiettivo di rinviare la decisione alle calende greche. Questa telenovela ha stancato tutti”.

Insomma lo scontro è servito in un piatto d’argento. Già ad aprile, come avevamo scritto in questo articolo (clicca qui per leggerlo), il presidente della Regione si era “scagliato” contro il governo nazionale chiedendo quali fossero le intenzioni di Palazzo Chigi: “Draghi ci dica cosa vuole fare del Ponte sullo Stretto, abbiamo diritto a una risposta definitiva. Basta con gli eterni rinvii e i balletti, altrimenti siamo pronti a farlo da soli”.

E’ un continuo tam tam di accuse contro il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, scaturite da un’intervista rilasciata oggi su un quotidiano online cittadino. Lega e Italia Viva, con i suoi rappresentanti in consiglio comunale hanno scritto due note al vetriolo, condannando l’immobilismo del primo cittadino e la Lega ripetendo il refrain delle dimissioni.

“Oggi il sindaco Orlando è venuto a chiedere aiuto istituzionale per la città su alcune tematiche che lui ritiene importanti, ma che non è stato in grado di affrontare negli ultimi nove anni della sua gestione”. E quanto afferma il capogruppo della Lega al comune di Palermo Igor Gelarda, a conclusione della riunione della capigruppo di oggi chiesta dallo stesso Sindaco.

Igor Gelarda – Lega

“Forse qualcuno si sarebbe potuto aspettare un mea culpa da parte del sindaco per come è ridotta Palermo, ma questo non è accaduto, come nel suo stile. La Lega non si è sottratta e non si sottrarrà alla collaborazione istituzionale, per evitare di condannare definitivamente Palermo in questo ultimo anno di agonia targata Leoluca Orlando. Se ci sono atti da votare in consiglio per favorire i cittadini e la città lo faremo. Tuttavia ci saremmo aspettati, almeno oggi, un cambio di passo da parte del Sindaco. Orlando ha fallito in tutto fino ad ora. Eppure In una grottesca intervista apparsa oggi su Repubblica ha avuto il coraggio di dire che Palermo è ridotta in questo stato per colpa della Pandemia – continua ancora Gelarda – come se la spazzatura, le bare, i problemi del traffico, i ponti traballanti o del trasporto urbano, fossero colpa di un virus piuttosto che da una incapacità amministrativa che dura da decenni.

“Orlando faccia un bagno di umiltà, e cominci un percorso di condivisione totale di problemi, basta con le scelte a senso unico. Per noi le dimissioni restano l’unica e più logica scelta che Orlando dovrebbe porre in essere. Tuttavia se non vuole dimettersi, si sieda ad un tavolo e condivida con tutto il consiglio comunale le attività di cui Palermo ha bisogno nei prossimi 12 mesi, gestendoli assieme anche nel loro sviluppo. Basta cose calate dall’alto, basta visioni che riguardano evidentemente una città che esiste solo nella mente del sindaco Orlando, e non è quella che vivono i palermitani. Orlando venga in aula consiliare davanti a tutti i cittadini a discutere le proposte che faremo.”

Dario Chinnici – Italia Viva

A ciò si aggiungono le parole di Dario Chinnici, capogruppo a Sala delle Lapidi del partito di Renzi. “Il sindaco Orlando è forse l’unico a non accorgersi dello stato comatoso in cui versa Palermo: un bilancio con un ammanco da 80 milioni, strade senza manutenzione, Bellolampo a rischio saturazione, partecipare finanziariamente al collasso, ponti Corleone e Oreto a rischio, quasi 900 bare in attesa di una sepoltura, richieste di concessione del suolo pubblico bloccate. Tutte cose che con la pandemia non hanno nulla a che fare. Viviamo in una città letteralmente allo sbando di cui il primo cittadino da tempo ormai si disinteressa, preferendo polemizzare sui numeri del Covid o parlare dei massimi sistemi.

“Consapevoli degli enormi problemi della città – ha continuato Chinnici – avevamo proposto l’unica soluzione possibile: un governo dei migliori, una formula straordinaria di fronte a una situazione straordinaria. Orlando ha preferito rifugiarsi invece nei soliti cliché, seguendo un copione ormai logoro: ad oggi la maggioranza in consiglio comunale si è dissolta, ma il Sindaco da un lato chiede collaborazione e dall’altro continua ad attaccare a testa bassa il consiglio mentendo sulle conseguenze dello stop al piano triennale e fingendo di non vedere il livello disastroso della sua giunta. E’ stato lui a dire di aver condiviso l’indirizzo dell’Aula in occasione dell’ultimo bilancio e oggi si rimangia tutto; è stato lui a ignorare il problema Bellolampo affrontato invece da Giuseppe Norata e ora attacca la Regione dopo mesi di silenzio; è stato lui per mesi ad avere la delega ai Cimiteri e oggi sembra cadere dalle nuvole.

“Italia Viva – ha concluso l’esponente renziano in consiglio comunale – è sempre stata dalla parte dei palermitani e lo sarà ancora sul commissariamento del ponte Corleone e sull’esenzione dei tributi per i commercianti in difficoltà, senza chiacchiere o voli pindarici che ormai non incantano più nessuno”.

Insomma, possiamo dire che la campagna elettorale è appena iniziata e lo scenario è assolutamente in divenire con un Orlando che non dimentichiamo, fu quello che inventò la prima crostata politica: quella dell’allora “patto di Villa Niscemi”, luogo e laboratorio politico palermitano e non solo. E le puntate sul piatto, attualmente vuoto di nomi e candidati, sono ancora rigorosamente da “bagarinaggio”. Per quelle ufficiali c’è tempo e nulla è escluso…

“WAAG We Are All Greeks! – Είμαστε όλοι Έλληνες!” è il progetto artistico che vedrà coinvolte la Sicilia e la Grecia, e che sarà inaugurato il 14 maggio al Museo della Cultura Bizantina di Salonicco, per proseguire in autunno a Palermo, al Museo Regionale di Arte Moderna e Contemporanea, Belmonte Riso. Due terre unite dalla cultura e dalla storia, oltre che da un comune destino mediterraneo. La mostra, dedicata al bicentenario della lotta greca per l’indipendenza, è stata curata da Francesco Piazza e ideata da Vassilis Karampatsas.

Il titolo, ispirato ai versi del poema Hellas di Percy Bysshe Shelley, vuole ricordare gli eventi che nel 1821 scossero le coscienze di tutta l’Europa unendole, in una spinta ideale, a sostegno del popolo greco nella conquista dell’indipendenza dagli ottomani. “We are all Greeks!” è un progetto che riconosce la pregnanza dell’influsso greco nella cultura occidentale e, in particolare di quella dell’Italia meridionale e della Sicilia.

La mostra, organizzata dalla “Comunità Ellenica Siciliana – Trinacria” di Palermo con la collaborazione del Museo della Cultura Bizantina di Salonicco e il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Palazzo Riso, ha ricevuto il sostegno della Commissione “Greece 2021”, dell’Istituto Italiano di Cultura di Atene e della Regione Siciliana, attraverso l’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana.

“La mostra” – spieganoFrancesco Piazza e Vassilis Karampatsas – il cui titolo è ispirato ai versi del poema Hellas di Percy Bysshe Shelley, “Le nostre leggi, la nostra letteratura, la nostra religione, le nostre arti hanno la loro radice in Grecia”, vuole esaltare e ricordare la spinta ideale che scosse le coscienze di chi credeva nell’indipendenza greca e ha lottato per essa sacrificando anche la propria vita, portando al processo di liberazione del popolo greco e gettando le basi per la costruzione del concetto di Europa come Nazione”.

La spinta internazionale in favore dei Greci – sottolinea l’assessore dei Beni culturali e dell’identità siciliana, Alberto Samonà – conobbe momenti di grande partecipazione nel nome di un’Europa quale Nazione, accomunata da vincoli di solidarietà profondi e da una comune storia plurimillenaria. La Sicilia e la Grecia – evidenzia ancora l’assessore Samonà – sono da sempre legate da un’antica relazione di comunanza ideale e storica che passa attraverso molteplici espressioni dell’arte, della letteratura, dell’architettura. La mostra che mette in relazione artisti dei due Paesi è una testimonianza della vitalità degli scambi tra Italia e Grecia, oltre che un’opportunità per rilanciare in chiave contemporanea un legame antico che lega i due popoli”.

La lotta per l’Indipendenza della Grecia vide, nel 1821, la ribellione del popolo greco contro il giogo ottomano che dominava da quattro secoli, durante la quale si verificarono episodi di grande violenza e crudeltà. Questa situazione sollevò un’ampia eco negli ambienti culturali e politici di tutta Europa e molti illustri intellettuali, come l’inglese George Gordon Byron e i patrioti italiani Santorre di Santarosa e Giuseppe Rosaroll, partirono per unirsi ai rivoluzionari greci in nome di un ideale comune di libertà. Il legame che in quegli anni l’Italia e altri stati europei instaurarono con la Grecia è ricco di testimonianze e rappresenta l‘incipit di questo progetto.

L’esposizione si snoderà attraverso un percorso su sette tappe, o temi: Bandiera, Sacrificio, Patria, Filellenismo, Eroi, Potere Politico, Libertà. Temi che saranno descritti storicamente in quadri sinottici, poesie o brani di discorsi politici e, artisticamente, saranno interpretati attraverso le opere di 15 artisti che fanno parte della nuova generazione dell’arte contemporanea italiana e greca. La Grecia è rappresentata dagli artisti Spyros Aggelopoulos, Manolis Anastasakos, Kiki Kolympari, Nikos Moschos, Giorgos Tansarlis, Stelios Faitakis, Georgia Fambris mentre per l’Italia sono presenti opere di Andrea Buglisi, Michele Ciacciofera, Giorgio Distefano, Emanuele Giuffrida, Filippo La Vaccara, Ignazio Cusimano Schifano, Max Serradifalco, William Marc Zanghi.

Gli artisti – osserva il curatore Francesco Piazza – hanno compiuto un lavoro interpretativo molto importante attualizzando ideali e contenuti propri della Rivoluzione e ponendo nuove domande su come questi ideali siano cambiati dopo 200 anni e quanti di essi siano ancora vivi nella coscienza di ciascuno di noi.” Il progetto si avvale della consulenza storica di Nikos Tompros, professore associato di Storia Politica presso l’Accademia Militare di Grecia ed è accompagnato da un catalogo edito dalla Serradifalco Edizioni, Palermo. In occasione della mostra saranno esposte per la prima volta due opere del pittore Theofilos Chatzimichaìl (1870-1934), artista che ha raccontato attraverso i suoi lavori episodi e personaggi della Rivoluzione greca; le opere fanno parte della collezione Aggelidakis. Il concept grafico, ispirato ai versi del poema di Shelley, è firmato da Visualya.com e ci immerge simbolicamente tra le tamerici dell’Egeo, quelle radici dalle quali trae linfa vitale, ancora oggi, tutta la cultura occidentale.

Inolte, in occasione dell’esposizione, Christos Ktistakis ha composto un brano dal titolo “Ελλάς 1821” ispirato al poema Hellas di Percy Bysshe Shelley per il coro femminile inDONNAtión del Conservatorio Comunale di Larissa, diretto dal Maestro Dimitris Ktistakis, professore Associato dell’Università dello Ionio, accompagnato al pianoforte da Froso Ktistaki.

La mostra ha il patrocinio del Ministero degli Esteri Greco – Segreteria Generale per i Greci all’estero e Diplomazia pubblica, dell’Ambasciata di Grecia a Roma, di Tempo Forte – accordo bilarerale Italia-Grecia, dell’Istituto Italiano di Cultura di Atene, della Commissione Greece 2021, della Regione Siciliana – Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, del Comune di Salonicco e della Federazione delle Comunità e Confraternite Elleniche in Italia.

E’ un Musumeci che tira dritta sul versante delle vaccinazioni che, in Sicilia, ha un primato tutto in negativo. “Abbiamo deciso di aprire da domani la prenotazione ai cittadini dai 50 anni in su: per l’esattezza dai nati dal 1971 (dal primo gennaio) in poi e lo abbiamo chiesto al commissario Figliuolo, con due lettere, la possibilità di ammettere al vaccino anche le persone al di sotto dai 50 ai 60 anni. Ci è stato sempre risposto che non è possibile, e che può essere consentito solo quando avremo messo al sicuro gli ultra 80enni ma è chiaro che non abbiamo poteri sanzionatori o coercitivi, per convincere i riottosi”. Ad annuncialo, dunque, il governatore della Sicilia, Nello Musumeci, nel corso di una conferenza stampa a Palazzo d’Orleans.

E in Sicilia si avvia, anche nelle isole minori, la campagna vaccinale. Infatti, saranno somministrate le dosi a tutti i cittadini dai 18 anni in su. Si inizia nel weekend a Lampedusa e Linosa, da lunedì nel resto delle isole.

“Spero che il generale Figliuolo voglia comprendere che da parte nostra non c’è alcuna volontà di essere disobbedienti – dice il governatore Nello Musumeci – ma avvertiamo tutti il peso della responsabilità della specifica condizione epidemiologica dell’isola ma anche di carattere sociale. Dobbiamo correre, altrimenti non ce ne usciremo più da questo tunnel”.

“Dobbiamo andare avanti – ha proseguito il governatore – vaccinando quanta più gente possibile. Abbiamo aspettato abbastanza e nessuno può accusarci di non aver rivolto la prioritaria attenzione alle fasce più deboli e fragili. Niente più scorte nei frigoriferi, in attesa che avvenga una ‘conversione’ da parte dei cittadini diffidenti. Aver registrato in Sicilia cinque decessi, che secondo i mass media potevano essere collegati alla somministrazione di AstraZeneca, ha determinato una psicosi comprensibile ma ingiustificata. Tutto questo ha rallentato non solo l’immunizzazione della fascia anagrafica interessata, ma ha anche avuto una ricaduta negativa sugli ultra ottantenni. E non ce lo possiamo permettere. Gli operatori sono pronti e le Asp già mobilitate: andiamo avanti”.

Dall’inizio della campagna vaccinale, in Sicilia sono stati già somministrati oltre un milione e mezzo di vaccini (poco più di un milione come prima dose e il resto come seconda). Al momento, nell’Isola, risulta già immunizzato (con doppia dose o monodose del vaccino Janssen) il 10 per cento di tutta la popolazione. Mentre la prima somministrazione copre il 21 per cento dei cittadini siciliani. Inoltre, il presidente Musumeci ha annunciato, che sabato a Catania si sottoporrà anche lui alla vaccinazione.

Quindi uno scontro diretto con il commissario Figliuolo in una situazione che vede ancora indietro la Sicilia sulle vaccinazioni e proprio ieri l’ennesima decisione di mettere Corleone in zona rossa. E adesso non resta che attendere di vedere in quanti over 50 saranno “disponibili” a vaccinarsi. Se si considera che in frigo, in Sicilia, ci sono quasi 250 mila dosi del vaccino Astrazeneca ancora da utilizzare, come dichiarato dallo stesso dirigente generale delle Regione e commissario per l’emergenza Covid, Mario La Rocca.

IL VIDEO DELL’INTERVISTA AL PRESIDENTE MUSUMECI (fonte sito BlogSicilia.it)

I dati della campagna vaccinale in Sicilia

E’ un allarme da non sottovalutare quello espresso, oggi, ad Agorà su Rai3, da Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università di Milano e direttore sanitario Irccs “Galeazzi”. “Temo che ci sarà un incremento dei casi, non una nuova ondata ma un’onda di risalita”. Tutto questo all’indomani dei festeggiamenti in piazza, da parte dei tifosi, per la vittoria dello scudetto dell’Inter, con più di 30mila persone solo a Milano.

E a ciò si aggiunge anche la dura presa di posizione di Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità e coordinatore del Comitato tecnico scientifico. “La gioia la si può comprendere però credo che su di essa debba prevalere il senso di responsabilità: 121mila morti devono averci insegnato qualcosa. Onorare la loro morte vuol dire evitare assembramenti”, ha detto a SkyTg24. “Tutte le occasioni di assembramento – ha aggiunto – vanno assolutamente evitate, ivi compresi i festeggiamenti dei tifosi della squadra di calcio che ha vinto il campionato”.

(fonte video Corriere.it)

Continua l’emorragia di consensi nel partito di Salvini che, malgrado la campagna mediatica contro il coprifuoco e il ministro Speranza, non riesce a capitalizzare più consensi. Una strategia probabilmente figlia di un posizionamento che non piace agli elettori che votano Lega o, perlomeno, a quanti credevano da sempre nel verbo del capitano. E’ ciò che emerge dal sondaggio Ispos di Nando Pagnoncelli pubblicato dal Corriere.it.

Il Pd con il 20,9% è adesso ad un punto dalla Lega che si colloca al 21,9%. In crescita Forza Italia e Azione di Calenda. Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni supera il Movimento cinquestelle. Il gradimento del premier Mario Draghi cala di 4 punti. Il vantaggio, comunque, del centrodestra sul centrosinistra si mantiene ampio: 48,8% a 31,6%.

Ma veniamo a quanto descritto e analizzato dall’Ipsos. “Il mese di aprile ha fatto registrare un andamento ondivago dell’opinione pubblica nei confronti del governo e del presidente Draghi. La prima metà del mese è stata caratterizzata da un forte calo dell’indice di gradimento, riconducibile allo scontento per l’andamento della campagna vaccinale e per il protrarsi dei provvedimenti restrittivi, soprattutto in concomitanza del periodo pasquale. Viceversa, la seconda metà di aprile ha fatto segnare un’inversione di tendenza, con una ripresa di consenso guidata da tre fattori: l’allentamento delle misure e la riapertura di molte attività a partire dal 26 aprile, quindi il progressivo aumento delle persone vaccinate, basti pensare che i dati di ieri hanno oltrepassato le 500 mila dosi somministrate, e infine la presentazione del Pnrr che, sebbene sia ancora poco conosciuto dai cittadini nei dettagli, rappresenta un’importante occasione per intervenire su alcuni nodi strutturali del Paese”.

Al netto delle variazioni settimanali, il mese si chiude con una flessione di 4 punti dell’indice di gradimento del presidente Draghi (da 62 a 58) e un dato stabile per l’esecutivo (56). La graduatoria della popolarità dei leader vede al primo posto Giuseppe Conte con un indice di gradimento pari a 55, in flessione di 2 punti rispetto a marzo che si sommano al calo di 4 rispetto al mese precedente. Il trend decrescente di Conte è da attribuire al venir meno del ruolo istituzionale e al sempre più probabile incarico di leader del M5S che gli aliena una parte del consenso trasversale precedentemente acquisito. Al secondo posto, staccata di 18 punti, si colloca Giorgia Meloni (indice 37) che scavalca Speranza (36), il cui calo di 3 punti appare più legato all’incarico di ministro della Salute che di segretario di Articolo 1. A seguire Letta e Salvini appaiati a 30, entrambi in flessione (di 3 e 2 punti), poi Berlusconi e Toti con indice pari a 28, quindi Calenda con 23, in calo di 4 punti (più concentrato tra gli elettori di centrosinistra, a seguito del no alle primarie in vista dell’elezione del sindaco di Roma). Tra gli altri leader si registra un aumento per Lupi (di cui si è parlato come possibile candidato sindaco a Milano), un calo per Crimi, Fratoianni e Renzi, e un dato stabile per Bonelli.

Da ultimo, gli orientamenti di voto, con tre dati rilevanti rispetto a fine marzo: innanzitutto si assottiglia il vantaggio della Lega (21,9% in calo di 0,6) sul Pd (20,9%, in aumento di 0,6); il calo della Lega, pur non essendo molto ampio, è graduale e fa segnare il risultato più basso dall’inizio della legislatura. Le mutevoli posizioni su alcune questioni (su tutte l’orario del coprifuoco e l’atteggiamento verso il ministro Speranza) non sono del tutto comprese e creano disorientamento nell’elettorato di Salvini. In secondo luogo, FdI aumenta di 1,7% attestandosi al 18,9, il dato più elevato di sempre nelle rilevazioni Ipsos, capitalizzando il ruolo di principale partito di opposizione. Infine, il M5S, alle prese con le dinamiche interne e la questione della leadership, il divorzio da Casaleggio e il contestato video di Beppe Grillo in difesa del figlio Ciro, arretra di 2 punti (dal 18% al 16) e scivola al quarto posto. Da segnalare inoltre l’aumento di Forza Italia (da 7,6% a 8), di Azione (da 2,4% a 2,8) e di Sinistra Italiana (da 2% a 2,2). Indecisi e astensionisti, sebbene in flessione di 1,3%, si confermano la quota più elevata degli elettori con il 39,5%”.

“Ma sorge il dubbio – conclude Pagnoncelli – che sia fuori luogo nel contesto odierno fare riferimento alle tradizionali coalizioni. Infatti, con il governo Draghi il confronto politico appare fortemente ridimensionato per la presenza nella maggioranza di partiti antagonisti tra loro che limita gli scontri frontali sulle grandi questioni. In questa fase nella quale l’attenzione dei cittadini è decisamente più rivolta all’attività del governo che a quella dei partiti, la politica sembra in un momento di relativa tregua. È difficile immaginare quale potrà essere lo scenario quando terminerà l’attuale pit stop”.