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Gaetano Càfici

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Un video messaggio, sul profilo Fb di Luciano Messineo Jr, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla grave situazione dell’Ippodromo, ormai chiuso dallo scorso anno, e per il quale il Tar di Palermo ha dato parere negativo, respingendo l’istanza cautelare presentato dalla società Ires. Nella domanda veniva chiesta la sospensione del provvedimento di sgombero della struttura. In tutto questo il Comune di Palermo aveva soltanto manifestato l’intenzione di rinnovo del contratto per la gestione dell’ippodromo, senza però alcuna ipotesi concreta di accordo. E adesso, purtroppo, l’ordinanza del Comune potrà essere resa operativa.

A fare da portavoce ai lavoratori e alle famiglie, restate ormai senza lavoro, è uno dei tanti lavoratori dell’Ippodromo, Nino Cusimano che nel video ha manifestato il proprio sconforto e quello dei colleghi della struttura di via del Fante: “Siamo rimasti da soli, abbandonati dalle istituzioni. Chiediamo ai nostri colleghi del resto d’Italia di sensibilizzarsi per darci una mano e trovare una soluzione a questo problema”.

Adolfo Grasso,  invece, parla di una “situazione gravissima e bloccare tutto il comparto è terribile, anche perché i tempi tecnici per riaffidare la gestione dell’ippodromo con un bando europeo sono almeno di sei mesi. Spero soltanto che le istituzioni accorcino questi tempi e che, comunque, nel frattempo l’ippodromo possa mantenere il suo ruolo di centro di allenamento”.

E anche il fantino Natale Cintura dice la sua rivolgendosi al Prefetto di Palermo, Antonella De Miro: “Cosa dovremmo fare noi adesso. Ognuno ha famiglia e adesso senza lavoro come dobbiamo fare per mangiare e mantenere gli impegni che abbiamo preso in precedenza?”.

Una situazione critica caduta nel “limbo” delle istituzioni che come sempre, al di là dei giusti percorsi di legalità avviati, rimangono sorde e soprattutto, non trovano soluzioni idonee o perlomeno tampone ad una chiusura che ha messo in ginocchio i lavoratori.

Come sempre a pagarne il conto sono le persone che, alla fine, devono scontrarsi con i problemi di ogni giorni. E in questo caso la perdita del lavoro diventa un incubo, che sembra essere senza via di uscita.

Aveva detto: “in caso di vittoria alle nazionali manterremo la legge sulle unioni civili”. Silvio Berlusconi riesce a fare voli pindarici e, come fulminato sulla “via di Damasco”, a virare di 360 gradi e ribaltare ogni suo pensiero.

Oggi, in una dichiarazione che ha fatto saltare dalla seggiola le comunità gay e non solo, Mr. B. ha cambiato idea sul tema delle tante discusse unioni civili. Forse i sondaggi e il voler recuperare voti sull’unico competitor della coalizione di centrodestra e cioè Matteo Salvini, lo hanno “costretto” a smentire se stesso.

Penso che la legge sulle unioni civili sia sbagliata -ha detto ai microfoni di radio Lombardiama abolire una legge non significa tornare alla situazione precedente, non vogliamo togliere diritti a nessuno ma siamo convinti che la famiglia è una cosa diversa, una unione stabile di un uomo e di una donna orientata alla procreazioneNon diamo giudizi morali su nessuno, lo Stato non deve mai entrare nelle scelte di vita personale, ma difendiamo l’unicità della famiglia”.

Quindi la sua posizione si articola nel voler affermare che la famiglia è quella tradizionale. Una bella grana però per il centrosinistra che di questa legge ne aveva fatto un vessillo. Prima tra tutti il presidente della Camera, Laura Boldrini sostenitrice anche delle adozioni alle coppie omosessuali e che poi, in seguito ad una lunga mediazione, aveva dovuto cedere alle stepchild. E anche dura la presa di posizione di Nicki Vendola, “sposato”da poco con il suo compagno Tobia, che si scaglia contro Berlusconi affermando che “non potendo surclassare leghisti e Fratelli d’Italia sul terreno sdrucciolevole della xenofobia, rimette in campo l’antica pulsione omofoba e ammicca all’ideologia della famiglia che non solo c’è se è rigorosamente eterosessuale….”

In fondo, se vogliamo, l’ex Cavaliere di famiglie se ne intende, avendone avute diverse nella sua lunga vita. E quindi può essere considerato il più “deputato” ed esperto in materia.

Ma mettendo da parte l’ilarità e ogni giudizio, l’elemento che salta agli occhi è come, tra antifascismo ad orologeria e l’utilizzo di temi così delicati, anche seppur discutibili, in questa campagna elettorale non si parla dei problemi della gente. Perchè cari candidati o pseudo tali ricordatevi che alle urne gli italiani dovranno andarci o, almeno, speriamo che lo facciano. E il rischio, purtroppo, è quello di vedere uscire dalle schede un solo vincitore: l’astensionismo.

“Per quello che mi riguarda personalmente anticipo che non voterò Liberi e Uguali. Una scelta maturata con delusione e amarezza, dopo i metodi adoperati per la composizione delle liste e per il silenzio che ha accompagnato le critiche che abbiamo mosso in questo passaggio politico”.

E’ la dichiarazione di “non voto” di Ninni Terminelli, presidente dell’associazione Sinistra delle idee, approdato ad Articolo1 e vicino al movimento di Piero Grasso, “Liberi Uguali”, da cui nei giorni scorsi aveva preso le distanze per il metodo di selezione dei candidati alle politiche del 4 marzo. L’esponente storico della sinistra palermitana, come scritto dal nostro magazine, aveva lanciato una nuova proposta politica: “Gli Scontenti”. Una sorta di contenitore che raccoglierebbe uomini e donne di sinistra, figli di quel malumore che ha portato, nei fatti, ad una spaccatura di quell’area politica.

Una lacerazione in cui non sono mancate le faide e le lacerazioni interne, causate anche dall’ingresso, nel Partito democratico, del sindaco Orlando.

E proprio ad Orlando, come si legge nel profilo FB, Terminelli dà un assist che, tradotto dal politichese ad una lingua più convenzionale, potrebbe far presagire il ritorno dell’ex retino nelle fila del Pd? Fantapolitica. Chissà?

Un segnale nei confronti del professore, confermato anche dalle parole dello stesso Terminelli, che alle scorse comunali si era candidato in una lista coalizzata con Orlando, che dice: “Auspico tuttavia che come a Palermo con Leoluca Orlando e nel Lazio con Zingaretti possa presto nascere un nuovo centrosinistra italiano che riunisca tutti, inclusa la forza politica di Liberi e Uguali”.

Anche se, va detto, che le posizioni del neo movimento “Gli Scontenti”, lanciato da Terminelli, non si identificherebbero con un singolo partito: “Nei prossimi giorni annunceremo ufficialmente la posizione dell’area politica de Gli Scontenti per le elezioni Politiche del prossimo 4 marzo. Sarà una posizione trasversale, proprio perché la nostra intende essere un’area di indipendenti di coalizione e non di un singolo soggetto politico”.

In politica, comunque, mai dire mai anche perchè lo stesso Orlando aveva dichiarato: “ve lo devo dire in aramaico che non mi ricandido”. E, invece, poi lo ha fatto. Quindi tutto è possibile anche sotto l’ala e la benedizione dell’ex fondatore delle Rete.

 

Non è sicuramente piaciuta a “Liberi e Uguali” l’operazione politica del sindaco Orlando diventato, nei fatti, l’amministratore delegato del Pd a Palermo. E la dichiarazione al vetriolo di Nadia Spallita, neo esponente in città del partito di Grasso, ha le caratteristiche di una resa dei conti tutta a sinistra.

“Il sindaco Orlandodice Nadia Spallitacontinua a tradire la fiducia che negli ultimi 40 anni la maggioranza dei cittadini palermitani gli ha rinnovato. Nessuno dei servizi di competenza della città funziona, dalla raccolta differenziata, ingiustificatamente ferma al 9 percento in città e al 12 per cento in provincia, con danni all’erario e ai cittadini, oltre che all’ambiente”.

 

Un attacco che apre le danze di una campagna elettorale dura e prefigura uno scontro già in atto all’interno del Pd, reo di aver ceduto al professore le chiavi del partito per paura che quel famoso 61 a 0 del centrodestra, potesse aleggiare come un fantasma nella stanze di via Bentivegna.

Come dire che di alternative non c’erano e Davide Faraone, braccio destro di Renzi in Sicilia, doveva trovare un escamotage per isolare la sinistra e dare al malato Pd una cura. E questa cura si chiama Leoluca Orlando.

Ma la Spallitta non si ferma e parla della  gestione delle risorse idriche in città “inadeguata a tal punto che dopo trent’anni, si torna al razionamento dell’acqua. Nessuna programmazione, nessun investimento sulle dighe, sulle reti obsolete e nessuna azione di prevenzione che il Sindaco avrebbe dovuto garantire”.

E’ un fiume in piena l’ex portavoce dei Verdi che continua dicendo che a “Palermo i servizi sono inesistenti e l’economia è ferma anche per le disfunzioni e i ritardi degli uffici tecnici. L’amministrazione comunale ha avuto ben 5 anni per bandire il concorso pubblico per l’assunzione dei dirigenti, invece ha preferito fare ricorso ad incarichi esterni a tempo determinato”.

E infine, cita la Ztl e la vicenda paradossale delle multe ai disabili. “Non ho visto alcuna forma di opposizione né dal centro destra né dalla sinistra, in merito a delle scelte, evidentemente errate, visto che oggi Palermo, si trova agli ultimi posti delle statistiche nazionali ed europee per istruzione, livelli occupazionali, disoccupazione, emigrazione giovanile”.

Ma la sciabolata finale la riserva al partito democratico che “ha consegnato la città ad un uomo solo. Orlando rinunci alle competizioni elettorali e dimostri con comportamenti concreti, l’amore che ha sempre dichiarato per la sua città”. 

Un appello, sembra quello della Spallita, che conferma come, dopo la candidatura alla Camera per il Pd di Fabio Giambrone, uomo di Orlando da sempre, si ha la sensazione che il professore voglia essere contrattualmente forte per giocarsi la carta delle europee e, come da noi scritto, lasciare Palermo.

Se così sarà, l’accordo tra Faraone e Orlando, che in molti vociferano, sarà per la successione di Palazzo delle Aquile. Tutto comunque passerà dal 4 marzo perchè, se il centrodestra sarà la coalizione che prenderà più voti, l’accordo per il candidato sindaco passerebbe anche da lì. E, quindi, non resta che aspettare meno di un mese e, forse, l’arcano potrà essere svelato.

“Un Piano Marshall da chiedere al governo nazionale e 1 miliardo di euro per riportare in carreggiata la nostra Isola e avviare una seria inclusione socio-lavorativa”.

Il presidente della Regione, Nello Musumeci interviene dopo la pubblicazione, da parte dell’Istituto Cevas, di uno studio sullo stato di povertà nella nostra Isola. Un quadro allarmante che pone la Sicilia come la regione più “povera” d’Europa. E attacca il precedente governo “incapace di gestire una serie politica degli investimenti e a perseguire un chiaro modello di sviluppo”.

Il riferimento all’ex governatore Rosario Crocetta e alla sua giunta è più che chiaro. Ritorna il refrain dell’eredità precedente, di cui abbiamo spesso parlato. Una sorta di alibi che sentiamo da sempre e dal quale i politici non riescono a fare a meno. Difficile trovare la terapia giusta per uscire da questa sindrome.

“Si deve investire nelle aree interne dell’Isola travagliate da un profondo degrado e da una desertificazione di risorse umane  – continua Musumeci – che, se non arrestate in tempo, potrebbero pregiudicare ogni futura possibile crescita”.

Quindi tutto come da copione. Solo propositi e richieste, come sempre rivolti al governo nazionale che, proprio in questo periodo, ha altro che pensare. Prima di tutto la campagna elettorale del 4 marzo. I problemi della Sicilia possono tranquillamente attendere. Mettiamoli in coda.

“La composizione delle liste per le imminenti elezioni Politiche ha dimostrato trasversalmente che in Italia occorrerebbe dare vita ad un’area politica degli SCONTENTI”.

Con questo post su facebook, Ninni Terminelli presidente dell’associazione “Sinistra delle Idee”, storico rappresentante della sinistra palermitana, recentemente approdato ad Articolo1, vicino al movimento Liberi e Uguali di Piero Grasso, ha annunciato, provocatoriamente, la volontà di creare un “partito” che raccolga gli scontenti della sinistra.

“Ma non dovevano tornare a scegliere i cittadini?” – si legge ancora nel post di Terminelli. “Ma così si intende recuperare il popolo dell’astensione? Non è un caso che gli attuali sondaggi dimostrino che questa proposta politica non sfonda in alcun modo, malgrado il calo del PD, mentre crescono i grillini e addirittura torna in vetta il fantasma di Berlusconi”.

E poi anche il riferimento all’amministrazione Orlando. “Meno male che almeno a Palermo esiste un’amministrazione comunale progressista in cui riconoscersi!”. Un plauso? oppure anche questa una provocazione? Di certo l’interrogativo che si pone tutto a sinistra è quello di una lotta fratricida tra “compagni” di lotta.

Infine un appello che suona proprio come una chiamata alle “armi”, ovviamente bianche. “Per tutte queste ragioni – continua ancora su Fb – nel futuro mi vedo impegnato in un’area degli SCONTENTI che faccia da pungolo alla politica, che chieda a gran voce programmi reali e concreti, soggetti politici aperti e vivibili, come condizione prioritaria e alla base di qualsiasi convergenza culturale e politica. Solo con questi presupposti e con questi impegni precisi sarà possibile stipulare alleanze, contribuire alla stesura dei programmi, accettare candidature, insomma lavorare con soggetti politici e dare il proprio contributo. Altrimenti si perde solo tempo e l’astensione continuerà a crescere a vantaggio dei populismi. Chi se la sente?”. E’, dunque, l’inizio di una lunga campagna elettorale?

Certamente lo scenario politico, dopo le elezioni nazionali del 4 marzo, determinerà a sinistra e non solo, una vera e propria resa dei conti.

Davide Faraone, braccio destro di Matteo Renzi in Sicilia, ha un chiaro obiettivo: serrare le fila del Pd nell’isola, nel tentativo estremo di arginare l’eventuale “scissione” di una parte della dirigenza del partito democratico, fatta fuori dal puzzle delle liste.

Le parole, pronunciate stamattina nel corso di un incontro con la stampa, sono la chiave di lettura del suo pensiero che tuona come un avvertimento: “Mi aspetto da tutti un impegno pieno e diretto per i candidati del Pd e del centrosinistra. La sfida è per la guida del Paese e non dentro il Pd”. 

Come dire che in caso di dèbacle, sarà facile individuare il capro espiatorio e cercare di rendere meno dolorosa l’eventuale sconfitta. Parla anche di Crocetta che nei giorni scorsi aveva incarnato il ruolo di “masaniello”, cercando volutamente lo scontro per alzare il volume della polemica.

L’ex presidente della Regione aveva definito Renzi come “un premier medievale e il Pd un partito di cortigiani che ha distrutto il partito in Sicilia e ora lo farà anche a livello nazionale”. E Faraone oggi gli ha mandato a dire che della “promessa di una candidatura alle politiche ne ha sempre parlato solo lui, a Renzi non ne ha mai fatto cenno in questi mesi”.

Tiene un profilo basso con Crocetta, forse nel tentativo di gettare acqua sul fuoco. L’ex sottosegretario renziano si rende conto che, in questo momento, alzare ancora il tiro contro Saro sarebbe come sdoganarlo e dargli la possibilità di aprirsi un varco. Meglio mettere, per adesso, la cenere sotto il tappeto e sperare che resti a lungo là.

Ma Crocetta, non dimentichiamolo è l’uomo della rivoluzione. Ricordate le sue parole di qualche anno fa? Sono un combattente e non tradirò mai il mio popolo, o vinco, o morirò sul campo di battaglia”. E chissà se all’orizzonte, come in molti a lui vicini dicono, il rivoluzionario di Gela non abbia in mente di costruire un nuovo progetto politico.

In fondo la “rivoluzione” è stata sempre il suo pallino. Non resta che aspettare il 4 marzo e vedere se Crocetta potrà osservare il passaggio di qualche “cadavere” sul fiume o farà, politicamente parlando, la fine del Generale Custer.

 

 

 

 

 

 

“Sento la necessità di rilanciare un nuovo progetto capace di valorizzare gli uomini liberi e le loro idee”. Parole sibilline scritte sul proprio profilo facebook, dal deputato regionale dell’Udc, Vincenzo Figuccia che ancora una volta utilizza l’arma della provocazione verbale, facendo capire che la sua collocazione nel partito di Cesa è ormai agli sgoccioli. Parla di un nuovo progetto che, derubricato in termini spiccioli, potrebbe far intendere all’adesione ad un nuovo soggetto politico o alla creazione di un movimento.

Ma sarà davvero così o si tratta soltanto di una provocazione? Intanto i commenti al suo post sono una sequela di incoraggiamento al suo percorso politico. Come dire che il consenso è saldo anche se il termometro dei social non è certo il luogo adatto per misurarlo.

 

E il disagio palpabile, che ha portato alle sue dimissioni da assessore ai Rifiuti e l’attacco a tutto tondo contro il suo ex compagno di partito e oggi presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, non sono certamente un dettaglio. Per non parlare dei rapporti poco “idilliaci” con il Presidente della Regione sulla vicenda degli stipendi d’oro (leggasi polemica con Miccichè) dove lo stesso Musumeci aveva di fatto bacchettato Figuccia, facendo riferimento all’intera giunta: “Lavorare e tacere, dico alla mia squadra di assessori”.

Una sequenza di fatti che messi, uno sopra l’altro, hanno visto costruire un edificio a quanto pare “traballante”, nel quale Figuccia sembra non aver trovato la camera con vista. Che l’ascensore sia guasto è anche possibile, ma a noi rimane il dubbio amletico, in una Sicilia che sembra paralizzata dall’inerzia della politica, quale sia il progetto di Figuccia, in una terra dove preferiremmo vedere più fatti che parole.

Leoluca Orlando è un animale politico. Riesce sempre a cogliere l’attimo, quel “carpe diem” che gli ha permesso di essere perfettamente puntuale, come un metronomo, quello usato dai musicisti per misurare il tempo della musica, nell’evoluzione degli scenari politici. E’ una spanna sopra gli altri. Nessuno puo’ dimostrare il contrario. Il suo passaggio nel Pd assieme al suo fido Fabio Giambrone è un’opera d’arte che già da qualche tempo era diventata meno leggenda e più realtà. Mancava solo la cornice, ma è bastato brandire il “pericolo del populismo targato cinquestelle e la paura del ritorno del berlusconismo” e il gioco è stato bello e pronto.

Il sindaco della primavera di Palermo, fondatore del movimento politico la Rete, che scardinò il potere della Dc di Lima e Andreotti nel 1985, riuscendo a battere nel 1997 Gianfranco Miccichè, l’allora plenipotenziario di Berlusconi in Sicilia e poi sconfitto nel 2007 dal forzista Diego Cammarata, rivincendo nel 2012 e nel 2017 contro Fabrizio Ferrandelli, ha calato l’asso. Quello che tutti aspettavano.

La sua è una fine strategia di distrazione di massa, con un obiettivo chiaro, quanto semplice: trovare una via di fuga alla sindacatura per candidarsi nel 2019 alle elezioni europee. Troppi i problemi che il Comune di Palermo ha annotati nel suo libro e che difficilmente, passata la “sbornia” per la nomina a “Capitale italiana della cultura”, riuscirà ad affrontare e risolvere. Per non parlare della situazione finanziaria che non naviga in buone acque.

E poi, la dice tutta la dichiarazione in cui ha voluto puntualizzare: Resto convinto che il mio partito si chiama Palermo”. Forse come a tranquillizzare soprattutto consiglieri e assessori che lo sfratto ancora è lontano. Ma sarà veramente così? Di certo Orlando è riuscito a sorprendere anche questa volta, dimostrando che il mazziere è sempre lui e al tavolo verde del Pd la fiche sul numero, sia esso nero o rosso, sa dove metterla.

Adesso la roulette del partito democratico gira. Un partito che dopo aver gettato strali su Orlando, nel periodo in cui si doveva decidere l’alleanza per l’elezione a sindaco senza simboli di partito, adesso plaude all’ingresso nelle sue fila. Quasi come una boccata d’ossigeno per un partito lacerato che ha dovuto, anche questa volta, fare atto di sottomissione al professore. In fondo in politica i numeri sono numeri e Orlando in questo è bravissimo maestro e giocoliere.

Sembrava che dovesse essere la “rivoluzione” culinaria nel nostro bel paese e, invece, a quanto pare sarà molto difficile vedere nei piatti dei ristoranti italiani quelle che, in altri luoghi, vengono definite delle vere “prelibatezze”. Parliamo del “Novel food”, ovvero il cibo che annovera tra i tanti prodotti alimentari anche insetti, vermi e locuste.

In questi mesi il bombardamento mediatico su questo “argomento” è stato come un incessante tam tam. Esperti e non si sono cimentati nella descrizione di questi saporiti alimenti, elencandone le infinite proprietà, tra cui quelle altamente proteiche. Una sorta di sdoganamento di un cibo che certamente nell’immaginario di ognuno di noi produce una certa riluttanza nell’assaggio. Magari si tratterà soltanto di una forma “culturale” che ci impedisce di vedere il verme o l’insetto come un alimento di giornaliera nutrizione, ma l’arcano rimane tutto.

Veniamo però ai fatti. La mannaia che è caduta su un’operazione commerciale molto appetibile è stata azionata proprio dal ministero della Salute, attraverso un inequivocabile chiarimento: “L’autorizzazione di un alimento corrispondente al novel food deve essere richiesta alla Commissione Europea, seguendo le linee guida recentemente pubblicate dall’Efsa” (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare). E continua: “Nessuna specie di insetto o suo derivato è autorizzata a scopo alimentare”.

Quindi il sipario può calare prima di mettere in scena la rappresentazione. E chi era convinto di vedere in questo affaire il nuovo “oro nero”, sicuramente rimarrà deluso.

E tra le interpretazioni del regolamento predisposto dalla Ue e le difficoltà di capirci qualcosa c’è il limbo fatto di tanti rivoli senza fine. Allora non ci resta che andare al ristorante e ordinare un buon piatto di pasta asciutta, almeno quello non sarà croccante come un’insalata di grilli.