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Gaetano Càfici

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Quella della realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina è da sempre argomento di scontro politico. Un’opera che vede su due sponde sedersi i fautori del Sì e del No. Ma al di là della stucchevole diatriba tutta in salsa siciliana (credo che ai nordici freghi poco anzi nulla di questa infrastruttura), rimane l’amaro in bocca per l’occasione sempre mancata. E’ l’uovo di Colombo. Tutti la vogliono e nessuno la vuole. Adesso esce fuori dal cilindro con la solita polemica che vede questa volta protagonisti l’assessore regionale siciliano Marco Falcone e il ministro per il Sud, anch’esso siciliano, Giuseppe Provenzano.

“Apprendiamo dell’ultimo diniego del Governo Conte – scrive l’assessore Falcone – stavolta giunto per bocca del ministro Provenzano, al progetto del Ponte sullo Stretto e all’eventuale utilizzo del Recovery fund per realizzare l’opera. Con amarezza dobbiamo rispondere che, purtroppo, l’unica ‘incompatibilità’ che vediamo è quella fra la visione di Roma, sostenuta paradossalmente da ministri ed esponenti siciliani che ci governano, e l’orizzonte, l’obiettivo, dello sviluppo della Sicilia”.

Parole dure, quelle di Falcone, rivolte al ministro Giuseppe Provenzano che aveva preso una posizione netta sulla realizzazione dell’opera: “i tempi del Ponte sono incompatibili con quelli del Recovery Fund”.

“E’ da mesi che si assiste ad un balletto mediatico – continua l’esponente del Governo Musumeci – condito di retromarce, annunci roboanti e fantasie come il tunnel dello Stretto, quando invece la doverosa responsabilità di governo imporrebbe soltanto chiarezza nei confronti dei siciliani: il Governo Conte non vuole il Ponte, non vuole recepire le aspettative di crescita dell’intero Mezzogiorno. Basterebbe ammetterlo per chiudere questo teatrino e rinviare tutto al 2023. Quando, cioè, il centrodestra finalmente al governo del Paese potrà dedicarsi, senza il freno delle tare ideologiche, alla svolta epocale del Ponte”.

Quindi non resta che aspettare il 2023 e se il centrodestra vincerà le elezioni, verificare se l’impegno dell’assessore Falcone, magari nominato ministro per il Sud, verrà mantenuto. E chissà, forse, sarà la volta buona. Ma voi siete favorevoli al ponte?

Fonte foto copertina normanno.com; fonte foto Ponte mediterraneocronaca.it

Durissima la presa di posizione del governatore siciliano Nello Musumeci che, con un post su facebook, ha attaccato il governale nazionale reo di essere latitante sulla situazione che riguarda l’Hotspot di Lampedusa. Lo stesso governo si era impegnato ad intervenire in tempi brevi e Musumeci, nel recente incontro con il premier Conte, aveva avuto assicurazioni per una rapida soluzione. Ma a quanto pare tutto sembra essere in una fase di stallo.

Questo è quanto scrive Musumeci sul suo profilo social: “Oltre milleduecento (1256) presenze all’Hotspot di Lampedusa. Ancora ammassati, di nuovo. Lo Stato ha rivendicato in ogni sede la sua competenza, ma continua a non esercitarla fino in fondo. Segnalo che non mi risulta che nessuno degli interventi segnalati dalla task force regionale sia stato eseguito per adeguare la struttura alla fase di emergenza sanitaria in corso. E anche l’iniziativa diplomatica, di cui ci ha parlato a Roma il ministro Lamorgese, non ha prodotto alcun effetto. Il fenomeno degli sbarchi in Sicilia è affidato al clima, non alla politica. Se c’è brutto tempo si rallenta, con il bel tempo si arriva a flusso continuo. Se non bastassero i barchini, le navi quarantena sono piene di persone portate dalle Ong. Anche in questo il governo non ha voluto raccogliere la nostra proposta. Avevamo detto una cosa di buon senso: se la Sicilia deve gestire gli sbarchi autonomi, non può sopportare anche quelli programmati dalle Ong, che andrebbero quindi destinati in altri porti europei. Risultato: navi piene e hotspot stracolmi. Con rischio di contagio per chi arriva, per gli operatori e per la collettività. Sono trascorsi molti giorni dalla mia ordinanza ed oggi posso serenamente dire che: alle parole non sono seguiti i fatti; che l’Europa non guarda alla Sicilia e al Mediterraneo; e che il governo nazionale preferisce polemizzare con il presidente eletto dai siciliani, piuttosto che avere l’umiltà di riconoscere ritardi e omissioni. Una cosa è certa: ho il dovere di intervenire. E niente e nessuno potrà intimidirmi o farmi desistere dal dovere di tutelare la salute di tutti”.

Ancora una volta Papa Francesco utilizza il linguaggio diretto del “verbo”. Quello che accarezza ma al contempo “schiaffeggia”. Il Pontefice ritorna sul tema dell’avidità denaro, che sostiene essere “alla radice di tutti i mali dell’Umanità”, riprendendo le parole dell’apostolo Paolo.

Non è la prima volta che Francesco esterna il suo pensiero e lo porta su ogni strada del pianeta. Quasi un appello a riflettere su come l’uomo continui nella ricerca spasmodica di ricchezza. Già aveva parlato di “idolatria” del denaro che distrugge le famiglie: “un atteggiamento chiamato cupidigia”.  E come non ricordare il “nostro Biagio Conte” che, per diversi giorni, ha fatto sentire la sua voce di protesta contro la povertà, dormendo all’addiaccio.

La ricerca della povertà ricordando che “Gesù Cristo, che era ‘ricco’, si è fatto povero per arricchire noi. Quella è la strada di Dio: l’umiltà, l’abbassarsi per servire. Invece, potere e soldi ti portano per la strada contraria: tu, che sei un povero uomo, ti fai Dio per la vanità”.

Ovviamente il riferimento è anche alla politica che governa il pianeta. E tra le sue parole il riferimento alla giustizia sociale rimane una delle grandi tematiche che hanno contraddistinto, sin dall’inizio, il suo mandato papale. Lui che è stato definito il Papa “comunista”, erroneamente, dà all’uomo la speranza di poter recuperare la sua identità in un mondo malato e assuefatto.

E non possiamo pensare che l’essersi tuffato nel mare “inquinato” dell’indifferenza, sia solo l’ennesimo anatema. Non vogliamo tirarlo per la “giacchetta”, ma a meno di un mese dall’appuntamento elettorale in Italia, le sue parole suonano come una campana che certamente vuole farsi sentire con il suo fragore e la forza del suo suono.

L’eco si sente, ma quello che temiamo è che possa rimanere tale e disperdersi. Ma come banalmente si dice: “la speranza è sempre l’ultima a morire”.