E’ tutto in alto mare, malgrado in molti diano per chiusa la partita del governo. Tra i punti del contratto che trovano la quadra, il vero scoglio è la scelta del premier e su questo sembra che Luigi Di Maio abbia in serbo una trappola. Sul profilo twitter di Jacopo Jacoboni, giornalista esperto di cinquestelle (ha anche scritto un libro inchiesta sul movimento di Grillo), un post che sicuramente non può passare inosservato.
“La strategia di Di Maio – scrive Jacoboni – è provare fino alla fine a impallinare tutti i nomi di “premier terzo”, e farlo lui, il premier. E con la trattativa in corso, a quel punto spinta troppo in avanti, la Lega non potrebbe tirarsi indietro”. Ci aveva già provato con la Meloni, come vi abbiamo raccontato qui su Bloggando.
La strategia di Di Maio è provare fino alla fine a impallinare tutti i nomi di “premier terzo”, e farlo lui, il premier
(con la trattativa a quel punto spinta troppo in avanti perché la Lega possa tirarsi indietro)
Non so se ci riuscirà, ma che ci stia provando mi pare evidente
— jacopo iacoboni (@jacopo_iacoboni) 14 maggio 2018
Quindi la partita si sta giocando al buio con tatticismi che rischiano di far implodere tutto. E il più gongolante non potrebbe che essere Silvio Berlusconi forte della riacquistata agibilità politica, se vogliamo usare un altro termine alla riabilitazione, che attende l’attimo propizio per ritornare a “dare carte”.
Intanto oggi alle 16.30 Di Maio salirà al Colle e alle 18 sarà il turno di Salvini. A parte i nomi che si fanno: Giulio Sapelli e Giuseppe Conte, entrambi tecnici, il primo in quota Lega, il secondo vicino ai pentastellati, non vi è alcuna certezza che si possa uscire con un nome condiviso. Se si considera. come ha marcato lo stesso Mattarella: “il presidente non è un notaio”.
I rumours dicono che il nome c’è, ma potrebbe essere anche un modo per tentare di prendere ancora tempo, anche se per il Colle il tempo è davvero scaduto. Non dimenticando che costituzionalmente premier e ministri devono passare dal benestare del Capo dello Stato. Prerogativa che è l’unico punto fermo di questa “trattativa”.