di Gaetano Càfici. Se geograficamente la Sicilia fosse collocata in un’area diversa, potremmo tranquillamente immaginare che sia preda e vittima di una cerimonia da macumba o da rito voodoo. Una sorte di maledizione che da fin troppi anni la colpisce. Un virus di cui sembra non esserci antidoto. Prima Cuffaro, poi Lombardo e adesso anche l’uomo della rivoluzione, alias Crocetta “El Che”.
Si tratta certamente di “malattie” che si manifestano con sintomi assolutamente diversi tra loro, ma pur sempre devastanti e con un decorso da triste epilogo: la “morte politica” dei presidenti della Regione che, negli ultimi 15 anni, l’hanno governata. Diagnosi e cura sono in fase di studio nell’Area 51 (quella degli alieni tanto per intenderci). Però, come all’improvviso, il mago merlino, l’uomo della cabala nostrana, l’Aiazzone della politica siciliana ci sorprende con una dichiarazione che rimarrà negli annali e nella storia: “sarò costretto a pubblicare una Finanziaria che non mi appartiene, che ripudio, che canta il de profundis al posto di lavoro di migliaia di lavoratori, che uccide la diversabilità e impedisce ai non vedenti di studiare, che butta sul lastrico migliaia di famiglie e impone alla Sicilia una manovra depressiva senza precedenti, che potrà influire sulla tenuta sociale della Regione, che affossa le imprese e influirà negativamente sul rating nazionale e regionale”. Lui che fino adesso non ha fatto altro che applicare la “scienza dei numeri”: tagliare, quindi licenziare, per risparmiare. Diciamo un “precursore” dei tempi!
E poi l’atto finale da vera e propria commedia dell’arte: “faccio appello al Capo dello Stato, affinché intervenga in questa situazione terribile, perché si possa trovare una soluzione rapida che permetta alla Sicilia di rilanciare le politiche di sviluppo, di crescita e di solidarietà. Per me il giorno di pubblicazione della finanziaria è un giorno di grande tristezza, che trascorrerò pregando per la Sicilia e per il popolo siciliano, perchè non debba più subire violenze cieche e irrazionali. Sono pronto al confronto istituzionale, ma con fermezza, sapendo che in ballo non ci sono i giochetti della politica politicante, ma gli interessi di un intero popolo che ha già subito tante violenze e che oggi viene massacrato”.
Come dire, io in fondo non ho colpa di ciò che sta accadendo, perché attenzione: trattasi di malattia seria e, forse, anche incurabile. Presidente, però almeno ci risparmi la preghiera. Quella la lasci agli abiti talari, così come le solite lacrime di coccodrillo. Quest’ultime, le consiglio di tenerle per l’atto finale.